Fight of Gods – Recensione

Fight of Gods è un picchiaduro sviluppato da Digital Crafter, uno studio indie taiwanese alla sua prima produzione pseudo-importante, e pubblicato da PQube. Il titolo era disponibile in Early Access sulla piattaforma Steam fino alla sua data di lancio ufficiale avvenuta lo scorso 28 marzo. Per chi preferisse un’esperienza portatile è disponibile anche sull’eShop della console Nintendo Switch.

Provato su PC:
NVidia GeForce GTX 1060 6 GB
16 GB RAM
AMD Ryzen 5 2600 3,40 GHz

Pro Contro
+ Divinità che si menano – Modalità estremamente basilari
+ Un tocco di blasfemia – Input poco precisi
+ Prezzo estremamente accessibile – Combo ripetitive

QUANDO AGLI DEI GIRANO…

Partiamo subito col dire che Fight of Gods è un picchiaduro che sfocia leggermente nella blasfemia, fondamentalmente il motivo principale per cui voi, oggi, siete qui a leggere questa recensione (non prendiamoci in giro, sapete bene che è così). Sebbene si possa dire che sì, è un gioco blasfemo, lo è in modo signorile, senza scadere in battutacce o volgarità che minano quel sottile senso di ironia (seppur adolescenziale) che circonda il gioco.
La premessa è estremamente semplice e anche un tantinello banale se vogliamo: una misteriosa forza richiama una manciata di divinità in un universo parallelo, costringendole a combattere le une contro le altre al fine di sfidare l’unica rimasta in piedi e, dopo averla distrutta, governare indisturbata sull’universo intero. La storia è davvero tutta qui e a parte il bio dei singoli personaggi, che vi spiegheranno da quale religione proviene la divinità e alcune sue caratteristiche di combattimento, non avrete bisogno di altre scuse per iniziare a menare le mani.

In un’ottica di longevità la scelta non è sicuramente appagante poiché gli sviluppatori avrebbero potuto spendere un po’ di tempo in più a creare una piccola storia di chiusura per ogni personaggio, dando alla modalità Arcade una qualche finalità, invece, tutto ciò che vedrete alla fine della battaglia contro l’ultimo personaggio è un’animazione statica veramente scadente e subito dopo scorreranno i crediti (NON saltabili, anche se li avete già visti cento volte…gawd…).

Questo è decisamente un difetto di cui avremmo fatto a meno, anche perché il concept del gioco è abbastanza divertente e può potenzialmente intrattenere una combriccola di amici che vogliono decidere una volta per tutte quale sia il credo superiore. E quale metodo migliore se non quello di chiamare i propri numi tutelari a stabilirlo a suon di violenti sganassoni?
Provate a immaginare come sarebbe cambiata la storia dell’umanità se Fight of Gods avesse sostituito eventi cruenti come le Crociate o perché no, le persecuzioni contro le minoranze religiose? Si sarebbe potuto stabilire con una bella lite virtuale se Gesù di Nazareth fosse più meritevole del Buddha o viceversa, se Odino fosse tutto sommato un gradino sopra al caro Zeus o se Anubi fosse davvero equo e giusto al pari di Athena.

La dura legge del Dharma sta per abbattersi su Athena sotto forma di ceffone infuocato.

Certo, vedere Gesù Cristo scendere dal cielo crocifisso e spaccare la croce flettendo i muscoli pronto a darle di santa ragione alla dea del sole Amaterasu potrebbe far storcere il naso ai più credenti e far sentire un brivido freddo lungo la schiena che anticipa una qualche sorta di punizione dall’alto dei cieli, ma si tratta comunque di un videogioco che non sembra avere alcun intento offensivo e pesca a piene mani da disparati pantheon nel tentativo di offrire un’idea bizzarra e originale. Toglietevi quindi quella scopa dalle natiche e godetevi un passatempo innocente.

Gesù è pronto a convertire i pagani. Laddove l’amore non basta ci penseranno i pezzi della Vera Croce…sui denti!

Se l’intento è buono, però, la realizzazione lo è un po’ meno. Se da un lato i modelli tridimensionali sono tutto sommato soddisfacenti e riprendono in modo preciso le caratteristiche delle singole divinità, così come gli sfondi animati riescono a strappare qualche sorrisetto, dall’altro lo scivolone avviene nella parte più importante per un picchiaduro: il gameplay.

Che i taiwanesi di Digital Crafter siano dei fan dei giochi di combattimento lo si capisce dall’inserimento di overhead, anti-air e strumenti presenti nella maggior parte dei picchiaduro competitivi. Ciononostante, al gioco manca davvero una direzione decisa, come se dopo gli entusiasmi iniziali, dati dall’aver pensato una roba figa, i developer si fossero scontrati a muso duro con la realtà della programmazione. Il sistema di combo è grossolano e rozzo ma trattandosi di un titolo dal prezzo budget è comprensibile che non abbiano creato un impianto di più ampio respiro. Le note dolenti arrivano quando analizziamo gli input, struttura portante di un fighthing game, dove possiamo notare che mancano totalmente le diagonali, quasi come se il gioco fosse stato concepito per essere giocato con una tastiera. Non sono sicuramente un gigante dei picchiaduro ma riesco a cavarmela benino in Street Fighter senza cedere all’ira. Non nascondo che invece, in Fight of Gods, sono stato davvero a un passo dall’essere preda dei miei istinti più bestiali per l’incapacità di eseguire anche una semplice tecnica super dopo una combo basilare. Il gioco va quindi affrontato molto lentamente e punisce addirittura chi cerca di concatenare velocemente gli input, una meccanica che mi ha lasciato l’amaro in bocca.

Se avete velleità agonistiche, quindi, sarebbe meglio riporle là dove meritano (Street Fighter, Mortal Kombat, qualsiasi cosa creata da Arc System Works) e relegare Fight of Gods al semplice trastullo serale dopo svariati boccali di birra, con l’io pensante obnubilato dal dolce dolce malto d’orzo fermentato. È lì, fondamentalmente, che il titolo dà qualche soddisfazione ed è in grado di intrattenere.


SQUILLINO LE TROMBE E SUONINO GLI SCHIAFFI

Le modalità di gioco sono ridotte e basilari, troverete il classico Arcade, dove sarete chiamati a sconfiggere di seguito tutte le divinità del gioco, la modalità Versus per combattere contro amici o la CPU, il Training per affinare la vostra tecnica (spoiler alert: è pressoché inutile) e persino la modalità online dove potrete creare stanze nelle quali invitare i vostri avversari o cercare dei quick match.

Sebbene i tool base dei picchiaduro ci siano tutti, sono solo questo, strumenti basilari che, passata l’enfasi iniziale, mostrano tutti i limiti del caso. Partiamo proprio dall’Arcade, una volta selezionata la modalità, scelta la difficoltà e una divinità da impersonare, vi verrà mostrata una schermata con un preambolo scritto da un dodicenne con un font anonimo e di colore BIANCO, pessimo inizio. Verrete quindi lanciati, scontro dopo scontro, contro tutte le divinità del gioco fino ad arrivare al Boss, no, non scherzo, si chiama proprio così l’entità finale. Un personaggio sbrilluccicoso che rappresenta le energie negative dell’universo, talmente cheap che di peggio c’è solo Gill di Street Fighter 3rd Strike. Dopo la fatica di rispedirlo nella galassia a cui appartiene potrete vedere solo un’animazione da due soldi e i crediti, sbloccando una delle sette varianti cromatiche per il personaggio con cui avete giocato. Ripetete ora questa procedura per cinque volte per ogni personaggio e avrete sbloccato tutti i colori, sempre se non vi viene voglia di disinstallare tutto prima.

La modalità Versus è quella dove, se avete la benedizione di godere della presenza di amici fisici, vi divertirete di più, poiché riuscirà a offrirvi una serata spensierata e se siete abbastanza fortunati potrebbe anche finire in rissa vera, à la Begbie in Trainspotting, dopo aver abusato eccessivamente di tecniche e personaggi poco bilanciati (quella baldra**** di Sif su tutti…mi scuso con chi ha affinità con la mitologia norrena). Altra pecca è proprio quella di non riuscire a offrire un gameplay diverso per ogni personaggio, l’unica che si salva dalla mediocrità è Mazu, divinità marina cinese che offre qualche spunto leggermente più tecnico (non aspettatevi però Menat di Street Fighter V, per inciso).

Adamo sembra avere le idee confuse, che abbia deciso di cambiare squadra dopo aver subodorato la cacciata dal giardino dell’Eden?

Ma continuiamo con una carrellata di sufficienza offerta dal Training mode, croce e delizia degli amanti dei picchiaduro, laboratorio per la creazione di combo letali e safe space dove fare schifo nascosti da occhiate indiscrete. In questo gioco si rivela in realtà una perdita di tempo abominevolmente maestosa, soprattutto a causa della mancanza di impostazioni cruciali che permettano di migliorare l’esecuzione. So che gli amanti del genere inorridiranno ma lo dico proprio per mettervi in guardia: per le opzioni di blocco del manichino avrete solo “Guardia totale” o “Nessuna guardia”. E io come stracazz* faccio a capire se una fott*** combo può essere utilizzabile o meno? ME LO DITE COME PORCA TR*** FACCIO?!
Ok, riacquistata la calma e il sangue freddo, ribadisco che il Training mode è utile come andare a pescare senza esche o come giocare in sala giochi senza monetine.

Mi avrebbe fatto piacere spendere qualche parola per l’online, se solo fossi riuscito a trovare UNA partita a cui partecipare. Se comprate il gioco per questa modalità forse dovreste considerare la possibilità di passare a fissare lo schermo per il prossimo decennio prima di trovare qualcuno che decida di cimentarsi contro di voi.

Una nota positiva è rappresentata dagli artwork che appaiono tra un caricamento e l’altro, piacevoli da guardare e ben realizzati, si rivelano in grado di intrattenere per quella manciata di secondi in attesa di iniziare il deicidio, eccone qualche esempio qui in basso:

Al di là di tutti i difetti che piagano il gioco e che potrebbero far scemare l’interesse velocemente, il roster è davvero variegato e avrete l’imbarazzo della scelta tra cristianesimo, mitologia norrena, divinità greco-romane, egizie e asiatiche. Per l’esattezza i personaggi sono tredici: Gesù, Odino, Zeus, Anubi, Amaterasu, Mazu, GuanGong, Buddha, Athena, Freyja, Sif, Mosé e come guest-star persino BABBO NATALE.

Santa Clause è l’unico a portare regali ai bambini di tutto il mondo…
…e lo comunica al Nazareno travolgendolo con la sua slitta! Ho-Ho-HO!

Ognuno di essi ha una mossa speciale che ben si sposa con il personaggio, prendete Mosé per esempio, non avreste voluto sempre impersonare un vecchietto che porta sulle spalle i dieci comandamenti e li impone selvaggiamente ai miscredenti sbattendoglieli violentemente sul cranio?
Il Buddha, invece, vi imprimerà la forma del suo palmo in faccia per costringervi a raggiungere l’illuminazione, che la prospettiva vi piaccia o meno, mentre Odino vi trafiggerà con la sua fidata Gungnir, per chi ama stare sulla violenza più classica.

Le tavole dei dieci comandamenti sono GRANITICHE nei loro diktat. In tutti i sensi.
Due Buddha che “discutono” sotto l’occhio vigile di un terzo.

Sono tutte premesse divertenti per qualche ora spensierata e non dovreste considerare Fight of Gods come un classico picchiaduro in cui allenarsi per eccellere ma come scusa per staccare da qualcosa di più serio. Certo, se gli input fossero stati più precisi e il sistema di combo studiato meglio forse ora ci troveremmo a parlare di un picchiaduro ben diverso ma non si può penalizzare troppo un gioco che ha un costo ridotto all’osso. Basterà rinunciare a una pizza+birra per farsi due risate o, in alternativa, aspettare i saldi Steam, pratica che apprezziamo e che non abbiamo intenzione di condannare.

 

2 Thoughts to “Fight of Gods – Recensione”

  1. Sembra stupendo, dopo FighterZ lo provo di sicuro lol

    1. 7gatsu

      Il gioco avrebbe necessitato una maggiore cura sotto il punto di vista puramente tecnico ma considerato il costo non si può davvero chiedere di più!

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