Vengeful Guardian Moonrider – Recensione

moonrider copertina

I brasiliani Joymasher sanno come far scendere lacrimucce nostalgici ai vecchi gamer. I fantastici Oniken e Odallus sembrano usciti dal catalogo del NES, mentre Blazing Chrome è un throwback al mitico Contra: Hardcorps, gioco che ha bruciato parecchie sinapsi e fatto spaccare diversi joypad. Il loro nuovo titolo, Vengeful Guardian Moonrider è un incrocio tra Shinobi, Megaman e Contra, dove nei panni di un cybersamurai dovremo affrontare scenari diversi e accoppare boss, favorendo la rivoluzione contro un governo ladro. Il gioco è uscito il 12 gennaio su Steam e Nintendo Switch, ma lo recensiamo ora (pur avendo provato e analizzato la demo), perché il mondo del giornalismo videoludico è folle e noi facciamo ciò che possiamo con i nostri umili mezzi. Se volete, potete finanziarci con le vincite a tombola dello scorso Natale.

Provato su PC

switchPS4
single player

Ride me to the Moon

Moonrider è un action 2D con sezioni platform che trasuda nostalgia retrò da tutti i circuiti. La pixel art ispirata ai titoli per Mega Drive e SNES, la colonna sonora synthwave anni ’80 e le animazioni dei personaggi (specialmente di Moonrider) ci fanno tornare indietro nel tempo, quando i videogame erano delle cartucce impolverate e le console di gioco erano fatte con la plastica e il cibo per cani.

Facile immaginarsi di stare davanti allo schermo a tubo catodico, con il joypad in mano e sentire in sottofondo la voce dei genitori che ci chiamano a tavola. Ma per noi in quel momento non esiste una tavola, non esistono genitori, esiste solo Moonrider e la sua lotta contro gli oppressori, in un futuro distopico pieno di cyborg cazzuti, megalopoli sconfinate e basi segrete piene di orrori biomeccanici. La trama di Moonrider è alquanto semplice, ma presentata con delle cutscene in pixel art ben realizzate, come solito dello stile di Joymasher.

Non arriviamo ai livelli di Oniken, ma sono comunque molto piacevoli. Fondamentalmente, il nostro Moonrider fa parte di un gruppo di cybertizi, creati dal governo come protezione contro i rivoluzionari incazzati. Il punto forte di Moonrider è ovviamente il suo gameplay. I comandi sono abbastanza semplici: avremo a disposizione un salto, una combo di tre colpi con la spada, un colpo in corsa e un utilissimo calcio volante verso il basso.

Nonostante ci sia un minimo ritardo negli input, probabilmente voluto, il gameplay di Moonrider è di ottima fattura. È un vero piacere balzare da una parte all’altra, affettare nemici con la katana laser ed eseguire i salti a muro, chiaramente ispirati al mitico Batman di Sunsoft per NES, uno dei migliori tie-in di quella generazione.

Dopo un breve livello introduttivo, potremo selezionare tra 6 diversi stage, ognuno dei quali presenta un boss che una volta sconfitto, ci garantirà l’uso del suo potere, in puro stile Megaman. Nei vari livelli ci saranno anche mini boss da affrontare, così come sezioni platform lineari e altre con un design più complesso, come l’ottimo stage subacqueo.

In generale il level design è di buona fattura, con una varietà sufficiente a spingerci ad andare avanti. Sebbene sia possibile scegliere tra i vari stage, questi hanno una difficoltà diversa, ma sta al giocatore capire quale affrontare prima o dopo. Non mancano piacevoli variazioni, come sezioni in motocicletta che sembrano realizzate con il Mode 7 tanto caro a F-Zero.

Come in ogni platform action che si rispetti, Moonrider presenta un buon numero di nemici, ognuno dei quali si comporta in modo diverso e potrà darci del filo da torcere.

Fight on! Grab on! Moonridah, Moonridah!

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In generale, il ritmo di gioco è ben calibrato, con una velocità media che permette al giocatore di gestire la maggior parte delle sezioni come preferisce. Sarà possibile correre attraverso lo scenario come veri speedrunner, ignorando i nemici, oppure avere un approccio più riflessivo, cercare i segreti e combattere.

Ogni scenario contiene uno o più biochip nascosti che ci daranno un aiuto notevole. Ad esempio un biochip ci permette di eseguire il doppio salto, mentre un altro rende l’attacco con la spada più ampio. Moonrider ne potrà equipaggiare solo due, quindi sarà necessario fare una scelta oculata. Per quanto riguarda i poteri, all’inizio Moonrider partirà solo con la loffia, quanto inutile Moonlance, quindi le prime fasi del gioco risulteranno sicuramente più ostiche, in quanto avremo opzioni limitate.

La musica cambia non appena si prenderanno le potenti skill dei boss, tra le quali il vortice di Shuriken, il mostruoso tentacolo che spunta da un buco nero (Lovecraft prezzemolino) e il boomerang infuocato, per citarne alcuni. Ovviamente i poteri sono indispensabili per sconfiggere boss e mini boss, così come per abbattere alcuni nemici velocemente, come ad esempio quelli armati di scudo o magari i fastidiosi bastardi volanti.

Easy-peasy, Japaneasy

Ed è un po’ qui che casca il cyberasino… Moonrider è un gioco abbastanza facile, dove gli scontri con i boss, sebbene alla base siano ben realizzati, si limitano allo spam dell’attacco e dei poteri, un po’ come succedeva anche in Megaman.

Questo anche perché i cybercattivi si muovono in maniera un po’ erratica e costringono il giocatore a uno scontro poco tattico. Oltretutto, usando determinati poteri, sarà possibile devastarli nel giro di pochi secondi, annullando la loro minaccia con facilità. Risultano più divertenti gli scontri con i mini-boss, giganteschi biomech con vari punti deboli da attaccare.

Il fatto che Moonrider abbia una barra dell’energia (sempre in stile Megaman) facilita il compito ai giocatori, così come il generoso posizionamento di kit curativi ed energetici, questi ultimi che vanno a ricaricare l’energia usata per i poteri speciali.

Il gioco è piuttosto permissivo anche nelle sezioni platform: cadendo nel vuoto si perderà un piccola porzione di energia e si verrà respawnati nel medesimo punto dal quale si è precipitati.  

Esaurita la vitalità, perderemo una delle nostre preziose vite (3 in totale) e saremo rispediti all’ultimo checkpoint. Finite le vite invece, dovremo ricominciare lo scenario dall’inizio, oppure sceglierne uno diverso. Al termine di ogni stage, Moonrider ci darà anche un timido sistema di Ranking, il classico voto che va dalla E alla S, ma devo dire che in un titolo del genere sembra piuttosto superfluo.

Quindi, dal lato tecnico e sul fronte gameplay ci siamo, Moonrider è divertente, bello da vedere e da ascoltare, con lo stile retrò centrato perfettamente. Un vero peccato però che per i gamer di vecchia data abituati a titoli simili, Moonrider sia una vera e propria passeggiata.

Con un po’ di abilità, il gioco si finisce in 2 ore, davvero troppo, troppo poche. Avrebbero sicuramente giovato la possibilità di selezionare la difficoltà, così come qualche ricompensa per aver finito il gioco, come i personaggi nuovi di Blazing Chrome. Insomma, Moonrider poteva fare qualcosina in più, perché le carte in regola c’erano tutte per garantire un’esperienza un filo più avvincente anche per i giocatori più navigati nel genere. Non dico che doveva arrivare ai livelli di difficoltà e tigna di Oniken (comunque ben equilibrato), ma perlomeno non dare così tanti aiuti, al fine di rendere l’esperienza un tantino più longeva.

A chi consigliamo Vengeful Guardian Moonrider?

Bè, gli amanti del retrogaming lo adoreranno, perché come tutti i titoli Joymasher, Moonrider è un prodotto realizzato a regola d’arte e centra tutti i punti richiesti per questo tipo di produzione indie. Un vero peccato che l’esperienza si esaurisca troppo in fretta, quando invece sarebbe stato fantastico poter riaffrontare i vari livelli con un grado di sfida più alto. Come già accennato nell’analisi della demo, è il prezzo di Vengeful Guardian Moonrider su Steam a fungere da elemento di equilibrio, davvero accessibile.

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