La gemma del 2022 – Recensione di Chained Echoes

chained echoes recensione

Chained Echoes è un JRPG sviluppato dallo sviluppatore (avete letto bene, uno) Matthias Linda e alcuni collaboratori, distribuito da Deck13 su tutte le piattaforme moderne da dicembre 2022 (PC, Nintendo Switch, PlayStation e Xbox).

Provato su Nintendo Switch

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Di questi tempi, parlare di un nuovo prodotto, soprattutto dal mondo indie, ispirato ai classici dell’era 16-bit, può talvolta far roteare gli occhi così indietro da vedere il proprio nervo ottico. Il mercato, ormai anche saturo di imitazioni o pallide ispirazioni, non riesce sempre a rimpastare quanto visto e vissuto ormai quasi 30 anni fa in una soluzione che risulti fresca e accattivante, magari cercando piuttosto di ricreare la sensazione provata per la prima volta. Chained Echoes invece dice no, e propone un’esperienza che prende larga ispirazione dall’epoca, ma lascia fuori tanti degli elementi che oggi sanno di vecchio o di perdita di tempo. Niente backtracking, grinding, incontri casuali e un intricato sistema di combattimento che non può essere affrontato concentrandosi sulla sola forza bruta.

Nella terra di Valandis, tre Paesi continuano per secoli delle guerre fino a quando, nel prologo di gioco, un misterioso incidente causa una terribile esplosione, portando con sé innumerevoli vittime. Nessuno dei Paesi si assume la responsabilità dell’incidente, portando eventualmente a un trattato di pace. La trama riprende circa un anno dopo, durante l’anniversario della pace, e neanche a dirlo, molti tra nobili, organizzazioni religiose, militari e gruppi sotterranei, non sono soddisfatti dallo stato politico generale, da una pace che non è che un cerotto su una ferita mortale. Così, rapidamente, diversi personaggi dalle più disparate origini, si ritrovano ad affrontare delle difficoltà insieme per poi viaggiare l’intero continente, alla scoperta di misteri e piani oscuri che, come da copione, saranno ben più insidiosi di quanto tutti potessero immaginare.

Chained Echoes non si perde molto in chiacchiere. L’avventura, della durata di circa 40 ore, lancia il giocatore dritto nella lore, nell’intrigo politico e nel complesso sistema razziale e sociale che affligge la terra di Valandis. I dialoghi, spesso magistralmente scritti e dritti al punto, aiutano a tenere il focus sugli eventi e le tensioni. In questo senso, il cast, quanto più variegato e diversificato, aiuta ad arricchire l’esperienza che, se da un lato corale, ruota spesso attorno a Glenn, il giovane militare che ha avuto esperienza diretta dell’esplosione ed è tormentato da una voce che sembra sapere sempre qualcosa in più di quello che sta realmente accadendo.

La principessa Lenn e il suo servo, l’arciere Robb, portano il lato aristocratico e privilegiato, un senso di giustizia quasi staccato dalla realtà del Paese. L’ex mercenario Kylian, non affiliato a nessun potere, sembra annusare del marcio da dietro le quinte, nonostante la sua amicizia con Glenn. Il ricco bardo, Victor, porta con sé una certa saggezza ma anche un distacco dai drammi politici, che usa come oggetto delle sue storie. E poi Sienna, la ladra senza scrupoli che combatte con una katana giapponese, because why not, con un compasso morale diametralmente opposto a buona parte del resto del cast principale. E non finisce qui, poiché un discreto numero di altri personaggi saranno poi disponibili, in maniera per lo più facoltativa, progredendo nell’avventura.

Shut up and Overdrive

Il sistema di combattimento è tra le cose più avvincenti che il titolo offre, grazie all’implementazione assolutamente centrale del sistema Overdrive. Si tratta di una barra posizionata in alto, composta da una parte gialla, senza alcuna proprietà, una parte verde, che indica l’overdrive, e una piccola parte in rosso, l’overheat. Ogni azione, fatta o subita, porta lievemente in avanti il valore della barra, ma mentre si è nell’area overdrive, specifiche azioni randomizzate a ogni turno possono riportarla considerevolmente indietro. Rimanere in overdrive porta un boost ai parametri e un taglio del costo delle abilità di metà, mentre l’overheat porta un grosso aumento dei danni subiti.

La barra overdrive porta con sé una tensione attorno a cui ruota l’intero scontro. Ogni turno è in continuo tira e molla tra il bisogno di portare avanti il proprio piano di gioco, soprattutto contro i boss, e fare attenzione al movimento di quella barra per mantenere il vantaggio. Non solo, il party è comporto di 8 personaggi, 4 avanti e 4 in riserva, e spesso il cosciente cambio è necessario per curare da stati negativi o ricaricare un po’ le energie.

Il tutto si incontra in un mondo privo di incontri casuali. Questo non è un caso, perché, almeno tecnicamente, Chained Echoes non implementa un sistema di livellaggio. Ogni boss o semiboss consegna al giocatore dei frammenti di grimorio, che servono a imparare una singola abilità da un ricco ed espandibile set di abilità. Ogni dato numero di nuove skill, attive o passive che siano, i parametri aumentano. Inoltre, ogni scontro inizia con tutti i parametri al massimo, e le energie sempre cariche, proprio perché il centro della lotta non è il livello, l’esperienza, o il grinding, ma il sapiente uso del sistema di combattimento e magari qualche raro drop da intascarsi.

A rafforzare questa compenetrazione dei sistemi c’è un sistema di mini sidequest, praticamente delle attività secondarie di ogni tipo da completare per ricevere bonus di ogni tipo, ma non sono da sottovalutare. Infatti, i bonus che si ottengono sono sempre di gran lunga più utili e consistenti di quelli ottenibili se, ipoteticamente, ci si fermasse a farmare nemici. La velocità della corsa del personaggio poi, mista a un sistema di fast travel sbloccato a inizio avventura, rendono l’intero sistema decisamente rapido e responsivo, sempre teso e significativo e taglia fuori tanta di quella fuffa che, nel bene e nel male, spesso ha riempito i classici del genere.

A chi consigliamo Chained Echoes?

Chained Echoes fa cose che molti compagni del genere, anche più grandi, non fanno. Prende molto del buono, taglia fuori tanto del noioso o vecchio, ci implementa qualcosa di fresco e accattivante. Poi lo inserisce in una storia epica, un intrigo politico e sociale di effettiva rilevanza e qualche cliché del genere, in un cocktail esplosivo che, se forse non farà innamorare chi è già scettico del genere, potrebbe in effetti convertire gli incerti in fan del genere. Neanche c’è bisogno di ribadirlo, ma i fan del genere, anche i non nostalgici, troveranno pane per i propri tempi, peraltro a un prezzo abbastanza budget e un’esperienza che vale ogni centesimo.

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