Per questa recensione di Shadow Warrior 3 non sono stati triturati demoni assassini. Il gioco è disponibile su PC tramite Steam, PlayStation 4 e Xbox One.
Duke Nukem, Caleb e Lo Wang sono un trio che tutti i rugosi bastardi come me ricordano con gioia. L’epoca d’oro degli FPS, dove il finto 3D regnava supremo e personaggi carichi di personalità se ne andavano in giro per delle mappe finemente disegnate, a far saltare in aria tutto ciò che si muoveva sullo schermo.
Shadow Warrior, una sorta di mash-up tra stereotipi della cultura orientale e Doom vedeva come protagonista uno del sopraccitato trio, il vecchio ninja Lo Wang. Come una sorta di maestro Miyagi strafatto e armato di katana, il caro Lo Wang tornò ad affettare i nemici nel reboot della serie nel 2013 a cura dei polacchi Flying Wild Hog.
Il titolo ebbe un buon successo, al punto da portare lo studio di Varsavia alla produzione di un secondo episodio, sempre di ottimo livello. Dopo sei anni di attesa, ecco arrivare su PC e console il terzo capitolo di Shadow Warrior. Trepidante e curioso, mi sono lanciato nella nuova avventura nei panni di Lo Wang? Mi è piaciuto? Scopritelo nella recensione!
Provato su PC
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Boomer Eternal
Shadow Warrior 3 è un gioco che ha evidentemente sofferto di uno sviluppo decisamente confuso. Non lo dico perché ho le fonti infinite di un Jason Schreier, ma semplicemente perché giocandoci si notano un sacco di cose che non vanno bene. Tutti i suoi difetti però, si uniscono a un gameplay che sulla carta non avrebbe proprio niente di male, anzi!
Azione frenetica, gunplay responsivo, nemici che arrivano da tutte le parti e la katana di Lo Wang più affilata che mai, con la quale si possono sminuzzare da vicino i poveri demoni malcapitati. Tutta questa bontà da boomer shooter è però stata infilata a forza in un pacchetto poco convincente.
Tutti i livelli del gioco sono ultralineari: si passa da sezioni pilotatissime di parkour a delle piccole arene dove verremo inondati di demoni da sbudellare. Tutto ciò che dovrete fare è passare da una sezione platform su corridoi pilotati, arrivare in un’arena e sparare, sparare, sparare senza pensare. Lo Wang può scivolare, doppiosaltare e usare un rampino, ma spesso le tecniche di movimento si riveleranno del tutto superflue, anche perché spesso e volentieri si viene colpiti a casaccio, dato che i proiettili dei nemici sono indistinguibili dal resto dello scenario.
Il tutto quindi si riduce a una sorta di Doom Eternal dei poveri, dove sebbene Flying Wild Hog abbia azzeccato il gunplay e il movimento, non è riuscita a replicare lo stesso caos ordinato del capolavoro di ID Software. Come in Doom Eternal, anche Shadow Warrior 3 presenta demoni minori da uccidere per accumulare risorse e altri più resistenti e fastidiosi che dovremo eliminare il prima possibile.
Are you shuriken?
A tratti i combattimenti sono quasi divertenti: le arene contengono trappole e barili esplosivi, grazie ai quali devastare gruppi di nemici. Dopo la prima ora di gioco però, il tutto inizia a diventare un filo stantìo, non solo a causa dell’eccessiva linearità dei livelli, ma anche per il disordine totale con il quale vengono gestiti i combattimenti. Arrivati alla dodicesima arena, dopo l’ennesima sezione di parkour pilotata, la noia comincia a fare capolino.
C’è un altro problema: le armi. Sono solo sei, non sono originali e si ottengono tutte nelle prime fasi di gioco. Mi dispiace dirlo, ma le armi di questo gioco sono più scontate di una birra del LIDL. Non c’è una singola arma interessante o divertente da usare, la pistola è una pistola, lo shotgun è uno shotgun e le mitragliette, beh, sono stupide mitragliette. Aggiungete il lanciagranate e il railgun e il gioco è fatto. L’unica scintilla di originalità sta nel lanciashuriken, ma anche lì non mi pare che i Flying Wild Hog si siano sforzati molto.
Ora vi chiederete, ma che fine hanno fatto le katane e le altre armi da taglio di Shadow Warrior 2? E i vari attacchi speciali? Niente, tabula rasa. La Katana di Lo Wang in Shadow Warrior 3 è stata relegata a un misero attacco melee. L’unica abilità a disposizione è il Chi Blast, utile per spingere via i nemici… e basta. Raccogliendo dei power up e completando delle sfide è possibile potenziare le varie armi e sbloccare un attacco caricato con la Katana, ma niente che cambi gli equilibri del gameplay. Insomma, una crisi d’identità non da poco, visto che il punto di forza dei primi due titoli del reboot era proprio il combattimento ravvicinato.
L’unica trovata un tantino originale sono le Finisher, eseguibili dopo aver riempito l’apposita barra, sono divertenti e permettono di usare le armi strappate dai corpi dei nemici per arrecare ancora più distruzione fino al loro esaurimento. Le Finisher avrebbero potuto dare tanto spessore strategico ai combattimenti, ma finiscono inghiottite nel ciclone di imprecisione e caos. Tra l’altro, le animazioni delle brutali mosse finali sono troppo lunghe e stridono con il ritmo frenetico delle battaglie.
Teenage Ninja Dude
La grafica se la cavicchia in alcuni punti, in altri è tutto da rivedere, specialmente negli effetti dei colpi dei nemici che risultano praticamente impossibili da distinguere con il resto dello scenario. I livelli poi, sono tutti uguali tra di loro, con un marasma di cliché orientali che sembrano usciti dalla mente di un fumettista americano degli anni ’90.
E vogliamo parlare dei nemici? Sono la cosa più brutta che potete vedere in uno shooter, forse ancora peggio di quelli di Wrath: Aeon on Ruin. Capisco che il tono del gioco sia umoristico, ma diamine qua si rasenta veramente il ridicolo. I demoni sembrano usciti da un carrozzone del circo, con tutto il rispetto per i circensi, ma davvero non si prova alcuna gioia a sparargli e a farli a pezzi. Diamine, sono solo estremamente fastidiosi non solo alla vista, ma anche all’udito dato che emettono pernacchiette, grugniti e strombettii irritanti. Non c’è alcuna soddisfazione nel massacrarli, più che far sentire il giocatore come un ninja cazzuto, lo fanno sentire come un bambino bendato di fronte ad una pignatta colorata.
Anche sulla trama sono stati fatti tantissimi passi indietro. Per carità, non è che la storia dei primi due capitoli fosse niente di che, ma almeno ci provava con una lore tra Mortal Kombat e Grosso Guaio a Chinatown. Shadow Warrior 3 butta tutto fuori dalla finestra per continuare la bromance tra Lo Wang e Hoji, in un mondo minacciato da un gigantesco dragone.
Lo Wang continua con le sue pagliacciate e ogni tanto centra il bersaglio strappando una risatina durante i primi minuti di gioco, ma ho avuto l’impressione che lo humor becero sia più controllato in questo gioco, forse per non offendere i gamer perbenisti frustrati.
A chi consigliamo Shadow Warrior 3?
Non ne ho veramente la più pallida idea, se non ai maniaci degli FPS vecchia scuola come me che proprio non possono resistere al richiamo dello shotgun. Il problema è che al prezzo attuale, non ne vale veramente la pena. Questo è un titolo che per la sua natura stantìa e lineare, dovrebbe essere rivisto da cima a fondo, ma ormai mi sa che è troppo tardi. Ci sono così tanti altri shooter vecchia scuola sul mercato che possono fare le scarpe a Shadow Warrior 3, compresi gli stessi capitoli precedenti della serie che se non avete giocato, vi consiglio di recuperare al più presto.