Asterigos: Curse of the Stars – recensione di un soulslike confuso

asterigos recensione copertina

Parto subito a gamba tesa stile Mark Lenders: se devo essere sincero, fare uscire un soulslike dopo Elden Ring per me è una sorta di suicidio, specialmente se è il tuo primo titolo. Al di là delle mie inutili e pedanti opinioni, c’è chi prova comunque ad esordire nello spietato mondo del gaming proprio con un soulslike. Ecco quindi, gli Acme Gamestudio con il loro Asterigos: Curse of the Stars, disponibile dall’11 Ottobre su PC, Xbox One, Xbox Series X, Playstation 4 e Playstation 5.

Volete sapere se ne vale la pena? Scopritelogos nella nostra malakarecensionegos!

Provato su PC

PS4
single player

Fantatene

Asterigos: Curse of The Stars è ambientato nella città di Aphes, una sorta di Atene fantasy dove è stata gettata la solita maledizione soulsiana. Nei panni di Hilda, una ragazzina dei Northwind (i vichinghi, insomma), dovremmo esplorare la città di Aphes alla ricerca di nostro padre, ovviamente cercando di scongiurare la terribile maledizione.

Ad aiutarla ci penseranno i sopravvissuti di Aphes, nascosti nelle fogne come ogni buon sopravvissuto dovrebbe fare. Tra questi troviamo Minerva che ci darà una serie di missioni, ognuna in una zona di Aphes. Le missioni lineari sono una mera scusa per farci andare in giro per Aphes a uccidere mostri di ogni tipo, con il classico boss fight a concludere un’area.  

La trama un po’ trita e ritrita non desta certo interesse, non bastano i dialoghi doppiati e lo sforzo di creare una lore attraverso documenti e descrizione degli oggetti. La situazione poco felice di Aphes fa a pugni con un certo tono “leggero” che traspare dal doppiaggio della stessa Hilda che sembra stia facendo una gita di piacere, piuttosto che essere alla ricerca del padre.

L’ambientazione pseudo-greca viene sfruttata solo in parte. Capisco l’intenzione di voler creare una sorta di mondo fantasy ispirato all’antichità, ma la disabitata città di Aphes con la sua maledizione, i mostri e le porte delle case chiuse non traspira proprio originalità da tutti i pori.

Anche i nemici sono generici: banditi, uomini lupo, arpie, minotauri e altre bestie prese dalla mitologia greca e dal fantasy, realizzati però con uno stile troppo basico per risultare interessanti. La stessa cosa si può dire dei personaggi: Hilda è la classica ragazzina vichinga dai capelli rossi, Minerva c’ha la toga e i guerrieri un elmo greco.

Il level design risulta confuso, tra parti lineari e altre dove è necessaria un po’ di esplorazione tra gli asset riciclati che costringono ad andare a tentoni. Sparsi per il livello ci sono i classici punti di salvataggio, dove però si potrà solo riposare (attivando il respawn dei mostri) e nient’altro. Gli scenari ogni tanto hanno qualche buono spunto, come un tempio coperto da una sinistra nebbia, o un boss volante che sorvola i cieli mentre stiamo esplorando.

Madonne e Minerve

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Ora veniamo alla ciccia: il combat design. Bè, posso dire che quello di Asterigos: Curse of the Stars è davvero poco ordinato. Da una parte, il gioco vuole a tutti i costi puntare verso le meccaniche di un soulslike, dall’altra però la frenesia dei combattimenti, le skill devastanti e il livellamento automatico di Hilda vanno nella direzione di un ARPG.

Ora, il sistema di combattimento non è tutto da buttare via. Si salva in parte grazie alle diverse armi a disposizione della nostra eroina e al sistema di skill ad esso legato. Aumentando di livello, sarà possibile sbloccare skill attive e passive. Quelle attive si traducono in nuovi attacchi devastanti, mentre quelle passive permettono di sbloccare alcune caratteristiche, come ad esempio la possibilità di arrecare più danno ai nemici quando siamo sul punto di morte.

Le animazioni di Hilda, dei boss e dei nemici sono ben realizzate, sebbene a volte siano un filo floaty. L’unico problema è che abbattere i nemici non dà alcuna soddisfazione a causa dell’impatto fiacco dei colpi, per gli effetti sonori poco incisivi e per una ovvia mancanza di varietà nelle strategie.

Certo, lo scudo permette di parare, la lancia di effettuare un parry e i pugnali di schivare, ma alla fine trionfa la pressione ripetuta dei tasti e il risultato è una certa confusione nella gestione degli scontri che spesso si traduce in un button mashing e nello spawn delle skill più potenti a disposizione.

Tutto questo con la classica rotolata per schivare gli attacchi e sfuggire alle orde di nemici. Le pozioni curative, sparse per lo scenario, si trovano in numero piuttosto generoso, mentre ho trovato un po’ inutili gli altri oggetti, specialmente quelli da lancio che costringono a mirare e non si possono lanciare immediatamente.

Oltretutto, in alcune situazioni ci saranno davvero troppi nemici, una scelta che sarebbe stata ben accompagnata da una telecamera più lontana (stile i recenti Zelda o uno stylish action alla Devil May Cry per intenderci) e non dietro le spalle del giocatore. La telecamera infatti se ne va a farfalle, impedendoci di capire cosa diamine stia succedendo e obbligandoci a schivare-attaccare-schivare-attaccare in modo quasi meccanico.

Le boss fight sono abbastanza piacevoli, ma più per il design dei boss che per il gameplay. Niente che non si sia già visto in altri titoli del genere, ma se siete a caccia di sfide contro boss impegnativi, Asterigos potrà darvi del filo da torcere, specialmente al livello di difficoltà più alto. Eh sì, altra nota di cui discutere: potrete selezionare tra tre diverse difficoltà all’inizio di ogni partita, dalla più facile (Storia) a quella più difficile. Una soluzione apprezzabile che aumenta l’accessibilità del titolo.

Malaka Souls

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A tutto questo si aggiunge una sorta di sistema di scelte che dovrebbe influenzare i personaggi e il mondo di gioco. Il problema è che a volte queste scelte non esistono. Faccio un esempio: dopo aver sconfitto il gargantuesco capo dei banditi e fatto rapporto a Minerva, Hilda verrà rimproverata per averlo ucciso e di non aver usato discrezione.

Difficile però, usare discrezione quando il gioco non ha un tasto per entrare in stealth. E poi, prima di affrontare il boss, viene data la possibilità di scegliere tra diverse opzioni di dialogo, tra le quali una per provare a “ragionare” con l’energumeno in questione. Nonostante si selezioni questa opzione, si comincia comunque il combattimento, dove ovviamente è necessario avere la meglio per sopravvivere.

C’è confusione, molta confusione. In un gioco che ha il suo focus principale sui combattimenti, dove non c’è neanche l’alternativa dello stealth, risulta un po’ strano venire rimproverati per aver combattuto e aver ucciso un boss. Il gioco non ha neanche un sistema di loot, una scelta davvero coraggiosa che però non premia affatto. Insomma, non c’è alcun modo di cambiare equipaggiamento e di conseguenza, la possibilità di potenziare le proprie build con armature o armi particolari. Certo si potranno potenziare le armi da una imbarazzante fabbra furry ed equipaggiare dei talismani, ma niente di più.

La possibilità di variare lo stile di combattimento scegliendo liberamente le armi rende i combattimenti versatili, ma mancando completamente il loot, forse un sistema di attributi più profondo o la scelta di una classe, avrebbe dato più profondità al gameplay.

A chi consigliamo Asterigos: Curse of the Stars?

Asterigos: Curse of the Stars ci prova, ce la mette tutta, ma non riesce nell’intento di mischiare il soulslike con l’ARPG in maniera convincente. C’è troppa carne al fuoco e si ha l’impressione che la direzione del gioco sia stata confusa sul da farsi. Probabilmente, il tutto sarebbe stato molto più godibile con un’impostazione più solida e centrata, invece del miscuglio di sistemi che stridono tra loro.

Non aspettatevi quindi un gioco entusiasmante, Asterigos finisce un po’ nel cestone degli ultimi soulslike come Thymesia e Steel Rising, ma il sistema delle armi e delle skill può risultare comunque avvincente per i patiti sfegatati del genere e in cerca di nuove boss fight.  

3 Thoughts to “Asterigos: Curse of the Stars – recensione di un soulslike confuso”

  1. Ciao Carmelo, grazie di aver condiviso con noi la tua opinione 🙂

    Non voglio fare l’uccellaccio del malaugurio, ma da quanto ho visto dai trailer e dalle demo del gameplay anche Lies of P mi sembra un filo derivativo.

    Sono più interessato a Wo Long Fallen Dynasty di Team Ninja, specialmente dopo aver provato la demo. Sembra un po’ una “mod” dei due Nioh, ma il gameplay è davvero ottimo 🙂

  2. carmelo

    aspettiamo leis of ip sembra che sia all altezza dei dark souls e elden ring , i resto fuffa! comunque su 3 titoli( thymnesia , stellrising e questo) possibile che hanno toppato tutti e 3 eppure basta cambiare poche cose come il loot in asterigos e inserire le classi, e altri cambiamenti negli atri 3 che non sto qui ad elencare per fare un gioco almeno decente che si ha la voglia di accendere la console e giocarlo ..CAVOLO ..se non hanno i soldi per farlo decente, facessero cose meno grosse piu riditte ma almeno piu curate!!

    1. Giovanni "7gatsu" Luglietto

      Condividiamo il tuo disappunto, c’è anche da dire che fare un soulslike dopo pezzi da novanta come Elden Ring è diventato più difficile che mai. Secondo me molti sviluppatori dovrebbero ormai distaccarsi da questa concezione di soulslike = soldi, perché non è più così!

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