Metroidvania per gli annali – Recensione di 9 Years of Shadows

Se qualche anno fa, post Hollow Knight e Ori, avremmo potuto parlare di rinascita dei metroidvania, oggi, dopo Metroid Dread, si può guardare oltre e considerare il genere non solo rinato ma determinato a restare. Come una colata d’oro si insinua nelle aperture di più generi, li modifica, li contamina e al tempo stesso si rinnova, rilegge, si manifesta in tantissime produzioni che sembrano guardare ai titoli del passato per scomporli e creare qualcosa di nuovo. 9 Years of Shadows, sviluppato da Halberd Studios e pubblicato da Freedom Games, cerca esattamente questo obiettivo, riuscendo quasi sempre nell’impresa.

Provato su PC

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L’alabarda e l’orso di pezza

9 Years of Shadows mette da subito a proprio agio chiunque abbia mai giocato un metroidvania, ed è probabilmente anche un ottimo titolo propedeutico alla scoperta del genere. Ricalca in molti casi l’ossatura propria di Metroid e non lo nasconde mai, anzi la omaggia costantemente, rimanendo sul confine di un deja-vu troppo forzato ma senza mai varcarlo. È tutto dove dovrebbe essere, al netto di combattimenti inizialmente troppo ingessati ma che quasi subito mostrano il loro potenziale, rimanendo lenti e calcolati ma non freddi o impacciati.

Ciò che si nota subito è il peculiare sistema che coinvolge il ricevere danno e di conseguenza la morte di Europa, la protagonista. Non c’è una vera barra dei punti vita, semplicemente si può ricevere un colpo prima di morire, il secondo porta al game over, ma prima di arrivare ad accusare effettivamente un attacco avversario, quest’ultimo dovrà consumare il nostro scudo, rappresentato da una classica barra di colore azzurro, che è al tempo stesso però la nostra fonte di mana per gli attacchi a distanza. Una volta esaurita la barra, potremo ricaricarne una piccola porzione grazie ad Apino, uno spettro/orsetto di pezza che ci accompagna nell’infestato mondo di gioco.

C’è anche un sistema che strizza l’occhio alla ricarica perfetta di Gears of War, che ci permette, premendo l’apposito tasto al momento opportuno, di riempire completamente la barra, fornendo più respiro soprattutto durante le boss fight. Si crea insomma un sistema di gioco che non chiede massima precisione e pulizia ma che anzi, può essere spesso  sfruttato per cercare un punto cieco o un momento di pausa dalla carica nemica per recuperare un po’ di scudo. Oppure, per chi vuole rischiare, con l’intento di farsi colpire a barra quasi esaurita (o lanciando un proiettile a vuoto) per cercare di ricaricarla al volo.

A volte questa meccanica scopre il fianco a qualche sbavatura, alcuni boss in determinate fasi – quelle determinati solitamente – possono essere colpiti solo da proiettili e può risultare frustrante dover ricaricare la barra, che normalmente ha un’animazione abbastanza lunga in termini di attesa, perdendo l’occasione di sferrare il proprio attacco e dover ricominciare la stessa sequenza, senza dunque aver portato lo scontro alla fase successiva. Si tratta comunque di un problema minore, e il gioco riesce a essere abbastanza generoso anche nelle fasi più concitate, dando molto spesso un momento di tregua che permetta di riprendere fiato e prepararsi per sferrare il colpo decisivo.

9 Years of Shadows è corredato da un solido level design e un buonissimo ritmo nell’acquisizione di nuove armature e abilità che ampliano le meccaniche di gioco e le possibilità di esplorazione e ovviamente backtracking. Se nelle prime fasi ci si sente un po’ “pesanti” nello spostarsi per l’ampio mondo di gioco, una volta acquisita l’Armatura di Poseidone, che permette di muoversi liberamente in acqua e anche di trasformarsi in sirena per muoversi rapidamente e guizzare da una fonte all’altra, la prospettiva cambia sensibilmente, e non è l’unico arricchimento alla nostra mobilità che si ottiene.

Le differenti armature, che rappresentano elementi e divinità diverse, hanno economia perlopiù nell’esplorazione, permettendoci di raggiungere zone altrimenti inaccessibili e di attivare specifici interruttori. Pallidamente, hanno un ruolo anche nei combattimenti, i nemici sono spesso contornati da un colore ben definito, che rappresenta il suo elemento, con il giusto equipaggiamento è possibile dunque infliggere più danni a un nemico ma le uniche volte che questo sistema “brilla” è quando si è obbligati a sfruttarlo sugli avversari dotati di scudo, il quale non può essere scalfito se non con l’elemento corretto.

True Colors

Artisticamente il titolo colpisce quasi da subito. Con una fase introduttiva totalmente in scala di grigi che affascina e che mette subito in condizione di pensare che il gioco potrebbe reggere anche completamente in bianco e nero, per poi esplodere in un’orgia di colori impressionante, a volte troppo forti e accesi, ma il senso è proprio lì. Dopo secoli di buio, la luce è accecante, deve fare male.

La pixel art è buona, con alcuni picchi considerevoli, soprattutto quando presenta elementi titanici che sembrano appartenere a divinità decadute ma a volte si impigrisce e sembra perdere un po’ il suo stile. Cozza un po’ con il character design di alcuni personaggi. Se Europa riesce ad avere uno stile dichiaratamente giapponese rimanendo però credibile nel contesto di gioco, altri comprimari – i quali sono quasi tutti elementi di un’orchestra – funzionano meno. Intendiamoci, il design di per sé funziona e anche in questo caso presenta in certi casi guizzi notevoli, semplicemente sembra un po’ fuori posto.

9 Years of Shadows inoltre crede tanto nella sua narrazione e nel suo legame con la musica. lo dimostra a più riprese, presentando appunto un cast quasi integralmente di musicisti e proponendo missioni secondarie e momenti riflessivi in cui Europa dialoga con sé stessa, eppure spesso manca il bersaglio in questo senso, non riuscendo a ottenere l’effetto sperato, o lasciandolo troppo diluito nel complesso.

A chi consigliamo 9 Years of Shadows?

Agli amanti dei metroidvania: 9 Years of Shadows non è un titolo che fa breccia, non è un prodotto che rimarrà impresso probabilmente. Ma è un buon metrodivania che riesce a tenere quasi sempre alta l'attenzione e che a più riprese ha qualcosa da dire. Per questo motivo, chiunque sia appassionato al genere, ma anche chiunque sia sempre stato curioso di approcciarsi e non l'abbia mai fatto, dovrebbe seriamente pensare di concedere a Europa e Apino, una terza persona ad accompagnarli nella loro odissea. Igno

6.5
von 10
2023-03-26T16:08:27+0200

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