Remnant II recensione: La Solitudine del numero prima

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Sviluppato da Gunfire Games ed edito da Gearbox, la seconda iterazione di Remnant: From the Ashes si presenta come un titolo che riesce a mantenere la classica “promessa da sequel” che spesso non viene mantenuta. Remnant II non si discosta in maniera impavida dal primo capitolo, né cerca scioccamente di cancellare la lavagna per ripartire da zero.

Prende invece tutto ciò che di buono c’era nel primo capitolo e lo leviga e arricchisce per confezionare una nuova produzione che si dimostra molto solida, al netto di alcuni difetti strutturali non sempre dimenticabili ma che riesce anche a giocare intorno ad alcuni di essi, trasformando un limite in un pregio. Il gioco è disponibile su PC tramite Steam, PlayStation 5 e Xbox Series.

Provato su Xbox Series

PS4
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Anima Proiettile

Allora, avete presente il primo Remnant? No? Allora facciamo così, cercatevi una recensione perché non sto qui a fare un “Previously on Soulslike sparacchino procedurale”, vi aspetto e quando vi siete informati riparto.

Ok, rieccoci. Scommetto di esservi mancato ma ora andiamo avanti.

E va bene dai, va bene, ricapitoliamo brevemente cos’è Remnant. Brevemente però!
In sostanza, è uno sparatutto in terza persona, che prende alcuni elementi soulslike e li butta in un contesto di mappe generate proceduralmente.

“Sì ma se è generato proceduralmente allora soulslike non lo stai usando in maniera impro-” ALLORA BASTA EH. È per capirsi, non trasformiamola in un’altra discussione su cosa significhi soulslike perché non ne usciamo più. E io son sincero, mi faccio un sacco di pare a riguardo, però secondo me qualcosa ce l’ha, e non parlo della nebbia prima del boss o del fatto che ci siano le fiaschette estus reskinnate come cuori di drago. Ma il feeling dei combattimenti è chiaramente derivativo, soprattutto per come utilizza la stamina e in generale per il “peso” degli stessi.

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E anche sul come vuole impostare il background narrativo, in maniera emergente e criptica, anche se non sempre a fuoco. Comunque, ci sono anche armi corpo a corpo e build legate a riguardo, si può scegliere di essere medici o cecchini, evocatori o pistoleri. C’è un hub centrale in cui migliorare le proprie armi e sbloccare quelle dei boss sconfitti, o abilità speciali da legare al nostro armamentario.

Le armi hanno il giusto peso e impatto sui nemici e a seconda dell’arsenale che decideremo di portare nelle nostre scorribande sarà sensibile la differenza tra diverse bocche da fuoco, abilità e classi scelte. I nemici sono abbastanza vari, anche se non sempre molto intelligenti, da tenerci attenti e rendere ogni scontro potenzialmente pericoloso, e di conseguenza appagante. Le abilità sono abbastanza numerose e differenti da permettere non solo di sperimentare approcci diversi ma da invogliare a farlo, non tutte le classi sono riuscitissime o con lo stesso appeal, ma considerata la possibilità di poterne combinare due simultaneamente e l’ottica multi-giocatore, non si butta via niente.

Remnant 2 sul fronte ludico è sufficientemente pulito e coinvolgente a livello cinestetico, le dita sono sempre abbastanza impegnate e saper sfruttare la propria classe diventa ben presto fondamentale.

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Alzi la mano chi è ammorbato dai multiversi. Ok, bene. Ma questa è la pagina di un sito, non posso certo vedere le vostre mani alzate, era così per dire. Retorico insomma, non serviva che davvero… vabbè, proseguiamo.

Remnant 2, un po’ come il predecessore, ci porta in vari mondi diversi. Sono tutti ben caratterizzati e alcuni mostrano anche scorci davvero notevoli, sempre abbastanza derivativi ma alcuni davvero ottimamente realizzati. Zompando fra varie realtà ha senso che si perda una “linea artistica” e se mettessi qualche screenshot dei vari luoghi, con differenti armature sul mio alter ego, potreste pure pensare che si tratti di quattro o cinque giochi diversi. Se sia un bene o meno lo lascio decidere a voi. Ah no, scusate il pezzo è mio e non sono un democristiano dimm**da.

Onestamente questo pastiche funziona, e ci sono alcuni elementi che spesso ritornano, sebbene in chiave diversa, fra i vari mondi. Non sempre in realtà è a volte può essere spiazzante, però il punto credo sia proprio quello, sentirsi proiettati in una realtà che non aveva niente a che fare con quella in cui eravamo 40 secondi prima e che funziona su schemi e gerarchie diverse. La pecca è forse che non tutte le realtà sono rifinite allo stesso modo e si ha la sensazione che ci sia una gerarchia anche in quel senso, realtà più importanti di altre. E chissà che non sia davvero così.

Le mappe sono generate proceduralmente come detto, il che crea un level design non sempre pulito e anzi, abbastanza sfilacciato. Di contro, il fatto che presenti storie e quest diverse a ogni nuova avventura, alza di tanto l’asticella della curiosità e di conseguenza, della rigiocabilità.

Lupo Solitario. No però cioè, davvero solitario

Ecco, qui c’è il difetto più grosso di Remnant 2 e non sento veramente scuse a riguardo. Perché io lo capisco pure che siamo nell’era degli amichetti digitali e la roba multiplayer va un casino, e che bello sparacchiare insieme, e facciamo la gara di rutti in chat vocale eccetera eccetera.

Però, avviare una partita in solitario a Remnant 2 può essere davvero una martellata nelle ginocchia, perlomeno nelle prime fasi. Perché è chiaro che la quantità e composizione dei nemici sia espressamente pensata per almeno due giocatori. Ci sono una badilata (termine tecnico) di mob, tant’è che a volte – e mio avviso soprattutto nel mondo di Yaesha – sembra quasi che sia stato un qualche errore, perché quello che parte come un piccolo scontro di raccordo si mette a vomitare mostracci di ogni tipo che a un certo punto inevitabilmente vi verrà da dire “sì occhei, però anche basta eh“.

Mi son sentito di nuovo in quarta elementare, quando a merenda aprivo le Wackos e veniva gente pure da altre scuole a chiedermene una, ma sto divagando. Questo difetto, perché è un difetto, si vede soprattutto nei boss. Che quasi sempre hanno più elementi da tenere d’occhio e con cui scontrarsi, il che è perfetto se si è in team ma da soli può essere molto frustrante, soprattutto nelle prime fasi dell’avventura che risulta giocoforza un po’ troppo lento nel pacing.

A chi consigliamo Remnant 2?

A chiunque abbia almeno un amico. Che lo so che dirlo alla bolla di gamer è come dire “a chi ha almeno tre braccia” ma è la verità. Se avete la mia stessa pazienza e un pizzico di fanboyismo per questa serie (che però ho nascosto abilmente, visto?) potreste anche pensare di imbarcarvi in solitaria solitudine nei mondi di Remnant 2, altrimenti passate oltre.

La varietà di build, il gunplay efficace e un certo fascino artistico valgono comunque il prezzo del biglietto. Certo è che, gli manca ancora per essere un brand completamente rifinito e con una sua forte identità. Basterebbe un pizzico di coraggio: il coraggio di essere un po’ meno derivativi e soprattutto il coraggio che anche io debbo ancora sviluppare, quello di riuscire a stare da solo.

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