The Legend of Heroes: Trails of Cold Steel – Recensione

Final Fantasintercity

The Legend of Heroes: Trails of Cold Steel è un remaster del titolo originale, uscito per Playstation 3 e Playstation Vita, oltre che PC, in un periodo di tempo che va dal 2013 al 2017. Per celebrare l’uscita dell’ultimo capitolo della saga, il quarto, Nihon Falcom ha deciso di pubblicare il titolo anche su Playstation 4, in uscita il prossimo 29 marzo.


Provato su PS4

Pro Contro
+ Storia ben scritta – Abbastanza facile
+ Personaggi interessanti – Comparto audiovisivo non
all’altezza
+ Combattimenti strategici – Mini-game triti e ritriti
+ Skill System personalizzabile – Club scolastici non integrati
nel gameplay
+ Ambientazione steampunk – Tanto testo, tutto in inglese
+ Level design curato  
+ Doppiaggio inglese apprezzabile  
+ Fast travel e Turbo Mode  


Vi ricordate quando i JRPG dettavano legge? Erano gli anni della prima Playstation sulla quale titoli come Final Fantasy VII, Xenogears e Final Fantasy Tactics avevano permesso a questo genere di farsi conoscere alle masse di ‘gamer’ ignare della loro esistenza già dai tempi del NES. Si attendeva con grande trepidazione l’arrivo del nuovo JRPG di Square con la speranza di essere trasportati in mondi fantastici, partecipare a storie epiche e poter conoscere personaggi con una complessa psicologia.
I JRPG erano gli ‘open world’ di quei tempi, si esploravano vaste mappe pixellose, piene di foreste con alberi poligonali, si visitavano grandi città, si affrontavano mostri giganteschi e si cercava di fermare il ‘cattivone’ di turno. L’esclusività di questi titoli disponibili per la maggior parte sulla console Sony li rendeva ancora più intriganti, come se appartenessero a un mondo tutto loro.

Con l’arrivo dei nuovi motori grafici, del multiplayer e delle nuove potenti console PS3 e Xbox 360, il mercato dei videogame si è omologato, con l’arrivo di nuovi sviluppatori occidentali e con l’evoluzione di alcuni tra quelli più ‘navigati’. I nostri amici nipponici allora si sono messi le mani tra i corvini capelli e hanno attraversato un periodo di grande confusione. Non riuscendo a stare al passo con la grafica moderna, con il gioco online e con le nuove tecniche narrative choice\consequence, diverse software house giapponesi si sono trovate nel wasabi fino al collo e solo adesso si stanno lentamente riprendendo.
I JRPG però, con la loro storia lineare e progressione dei personaggi poco personalizzabile sono rimasti indietro, così indietro che anche timidi tentativi di modernizzazione come Final Fantasy XV non sono riusciti a risollevare il genere, ormai riservato a pochi appassionati. Solo lo splendido Persona 5 e Dragon Quest XI (sul quale devo ancora mettere le mie orride zampe) sono riusciti a risollevare un po’ un genere ormai lontano dalle luci del grande palcoscenico videoludico.
E questo è anche il destino della serie di titoli della serie The Legend of Heroes di Nihon Falcom, saga che probabilmente avrebbe meritato molta più attenzione per la sua natura episodica, la storia coinvolgente e l’evoluzione curatissima dei personaggi.

Ok, dopo questo preambolo che probabilmente vi ha fatto pentire di aver imparato a leggere vi tiro un po’ su il morale, andandovi a recensire un gioco della suddetta saga dove potrete finalmente vivere la vostra high school fantasy, diventando maschi alfa armati di katana in mezzo a tante ragazzine in gonnella.

Siete interessati adesso eh? Bene, allora preparatevi ad entrare nell’accademia militare di Thors e di vivere emozionanti avventure nei panni di Rean Schwarzer.

Opinione rapida per pigri

Legend of Heroes: Trails of Cold Steel fa parte di una saga ideata da Nihon Falcom, software house giapponese famosa per i suoi titoli della serie Ys, della quale il prode 7gatsu ha recensito il gioco più recente.
I titoli The Legend of Heroes esistono dalla fine degli anni ’80 e fanno parte di quelle serie di JRPG non proprio conosciutissime in occidente, ma che comunque hanno raccolto parecchi consensi soprattutto in patria. Non parliamo di grosse produzioni, ma non si può negare che Nihon Falcom ci mette veramente il cuore in tutto quello che fa.

Trails of Cold Steel, primo capitolo della quadrilogia, condivide il mondo e la lore con gli altri titoli della megaserie di Nihon Falcom, specialmente con Trails in The Sky.
Il gioco si presenta come un JRPG classico, dove la storia e i personaggi sono l’elemento principale del gioco, questa volta contornati da interessanti combattimenti strategici e da un sistema di skill personalizzabile che ricorda vagamente la Materia di Final Fantasy VII.
Mamma mia, quanti ricordi! Ora mi metto a piangere come un Otaku in una palestra di crossfit.
Ok, asciugate le mie bloccose e poligonali lacrime degli anni ’90 posso dirvi con serenità che Legend of Heroes: Trails of Cold Steel è probabilmente uno degli JRPG migliori degli ultimi tempi che purtroppo soffre solo un po’ di qualche carenza tecnica a livello audiovisivo.

Nei panni del giovane Rean Schwarzer vi troverete a far parte della misteriosa Classe VII nell’Accademia Militare di Thors, appartenente all’Impero di Erebonia. La storia si alterna tra vita scolastica tanto cara ai nostri amici nipponici e il conflitto bellico. L’ambientazione un po’ da scuola superiore all’inizio mi aveva un po’ urtato perché ormai sono un vecchio bacchettone, ma la caratterizzazione dei vari protagonisti e il mondo fantasy-steampunk mi ha assolutamente coinvolto. I combattimenti hanno un tocco strategico che vi obbliga a sfruttare il posizionamento e le abilità dei diversi personaggi per avere la meglio. Non aspettatevi X-Com o Darkest Dungeoun, ma se amate davvero stressarvi e digrignare i denti mentre stringete il pad con tutte le vostre forze in preda alla frustrazione sentitevi pure liberi di aumentare la difficoltà.
Ho gradito il fatto che pur essendo un’avventura dedicata ad un pubblico più giovane, come protagonista principale non abbiamo a che fare con il classico uomo più silenzioso dell’universo o con un bambarozzo biondo che ama mangiare ed essere sempre positivo. Rean Schwarzer è un ragazzo in cerca di se stesso, con una personalità ben definita, intelligente ed emotivo. E poi parla. Si esprime, ha una voce e non ha paura di farsi sentire. In più brandisce una katana, arma spesso relegata ai più fichi del Wyoming come Sephiroth, Grey Fox o Auron. Che volete di più?

Trails of Cold Steel è un titolo per gli amanti dei JRPG che sanno chiudere un’occhio sul comparto grafico e sonoro per godersi una bella avventura in un mondo con una ‘lore’ articolata e curata nei dettagli.
Certo, giocare con un occhio solo è faticoso, ma è un buon allenamento nel caso un giorno voleste diventare dei temibili pirati.

Vai con la revviù!

Studenti alle prese con la terribile prof. di latino.

GAMEPLAY

Chi conosce il genere sa bene cosa aspettarsi: Trails of Cold Steel rientra nei canoni del classico JPRG con parti esplorative in piccole aeree aperte e Dungeon, unite a combattimenti a turni contro una grande varietà di nemici, conditi da mosse spettacolari. Ci saranno zone senza alcun nemico o mostro e dove potrete parlare con i vari NPC che a seconda della storia potranno darvi delle Quest da portare a termine, o magari semplicemente fornirvi qualche informazione sul luogo o sulla ‘lore’ del gioco.
L”hub’ principale è l’Accademia Militare di Thors dove il protagonista Rean Schwarzer e gli altri membri del party sono stati ammessi.
Nel campus si troveranno diversi negozi dove comparare oggetti ed equipaggiamento in preparazione per le missioni in giro per l’Impero che vi verranno assegnate dalla vostra istruttrice ubriacona Sara Valenstein, da altri istruttori o dal magnifico Preside Vandyck, campione indiscusso nelle gare di baffi di tutta Erebonia.

Per ogni missione avrete un set di Quest da completare, al termine delle quali la storia avanzerà e vi verranno dati dei ‘Bonding Points’ e degli ‘Academy Points’.
I ‘Bonding Points‘ servono a fortificare la vostra amicizia con i diversi protagonisti e con i vostri compagni d’arme, sbloccando diverse abilità che vi potranno tornare molto utili in combattimento.
Attenzione però perché sono limitati e non sarà possibile accumularli, quindi dovrete scegliere bene con chi diventare amichetti del cuore. Gli ‘Academy Points‘ verranno stabiliti a seconda di quante ‘quest’ completerete, delle decisioni che prenderete e come risponderete ad alcune domande dei vari NPC o dei membri del party. Grazie a questi punti potrete salire di ‘Rank’ durante la vostra carriera all’Accademia e guadagnare dei vantaggi unici.
Ma che scuola di impronta nipponica sarebbe senza i club? Ebbene si, ci saranno diversi interessanti club come quello di musica, di pittura, di nuoto e di scherma, ma voi non potrete iscrivervi a nessuno di questi. Perché? Perché gli sviluppatori hanno deciso così ai fini della storia e della progressione dei personaggi, ma non vi preoccupate avrete due entusiasmanti alternative: la pesca e la cucina.

Siete delusi vero? Se pensavate di poter assaltare la camera delle ragazze con un fazzoletto di stoffa avvolto attorno al naso, mi dispiace ma in questa Accademia Militare questo vi vale l’espulsione diretta con altissimo disonore. Qui si parla di sopravvivenza figlioli, sul campo di battaglia nessuno vi guarderà in faccia e quando vi troverete una baionetta tra le costole potrebbe essere già troppo tardi per pescare o cucinare, quindi tirate fuori canna e padella.
Il mini-game della pesca è abbastanza semplice, ma anche ripetitivo e piuttosto inutile. Non so, forse ormai questo ‘sport’ si trova in qualsiasi gioco al punto da non risultare più una novità. Ad ogni modo se proprio non potete resistere alla tentazione di importunare dei pesci solo per sventolarli in giro per il campus, vi basterà avvicinarvi ad alcuni punti prestabiliti e buttare la canna da pesca nella speranza che qualcosa abbocchi.
Per quanto riguarda la cucina, ad un certo punto vi verranno dati degli ingredienti e un ricettario base, grazie al quale i membri del vostro party possono preparare deliziose cibarie che vi faranno recuperare HP e aumenteranno temporaneamente alcune stats.

Penso che quella dei club scolastici sia stata un’opportunità sprecata da parte di Nihon Falcom. Avrebbero potuto creare delle side-quest per ogni club e allargare il comprato dei mini-giochi. A mio parere sono un po’ caduti nel grossolano errore del ‘mostriamo qualcosa di interessante al giocatore, ma poi non gli permettiamo di interagirvi’. Non è un difetto grave, capisco che si tratta di un JRPG lineare con una trama che si distende su altri tre titoli oltre questo, quindi probabilmente la scelta libera di iscriversi a un club qualsiasi avrebbe complicato le cose.

E pensare che questi poveri lupi ci avevano solo chiesto dov’era il pascolo più vicino…

Mazzate strategiche

Fuori dal Campus o dalle città però, la vita è decisamente più difficile, a causa dei mostri che incontrerete. I fan della saga che hanno giocato a Trails in the Sky si troveranno in un territorio molto familiare, solo con qualche poligono in più.
Come ogni buon JRPG che si rispetti, il combattimento sarà a turni, in questo caso seguirà l’Active Turn System. A sinistra dello schermo ci sarà l’ordine di azione dei membri del party e dei nemici stabilito in base alla loro velocità, ma che può essere alterato con abilità e incantesimi.
Invece di svilupparsi su due linee, quella del party e quella dei nemici, il combattimento di Trails of Cold Steel prevede un’area all’interno della quale le varie unità si muoveranno. Ci saranno quindi attacchi AoE (Area of Effect) o skill che permettono di spostarsi e attaccare in una sola mossa.
Per affrontare i nemici ogni personaggio avrà a disposizione un attacco base, delle magie (Arts), skill personali (Crafts) e utilizzare oggetti curativi e fuggire dal combattimento.
Manca la possibilità di difendersi per limitare i danni subiti, comando sostituito dal ‘movimento’ che consente di spostare i personaggi nell’area.
Questo rende i combattimenti interessanti e dinamici, inoltre dovrete usare una certa tattica, magari per non lasciare scoperto il povero ‘mago’ di turno o spostarvi da un attacco nemico ad area.

Ma parliamo delle due meccaniche di attacco principali: le Arts consistono in incantesimi offensivi e difensivi, utili per capovolgere la situazione a vostro favore sfruttando una debolezza elementale di un avversario. Queste consumano EP che si possono ricaricare solo tramite delle pozioni particolari. Le Crafts invece vi permettono di eseguire degli attacchi particolari o alzare le stats del party. Ad esempio Rean può eseguire un colpo di katana che danneggia nemici ad area e lo fa muovere dietro di questi, oppure motivare i suoi compagni alzando la forza e la resistenza per un numero limitato di turni. Per poter utilizzare le Crafts dovrete avere CP (Craft Points) a sufficienza, per ottenerli vi basterà bastonare i nemici con gli attacchi normali. Una volta che un personaggio del party raggiunge 100 CP o più, potrà utilizzare una S-Craft, una mossa devastante dal danno elevato.

Un’altra strategia che potrete sfruttare sono i ‘combat link‘, ovvero degli attacchi combinati eseguiti da due personaggi. Contiamo che ogni nemico avrà una debolezza per un particolare colpo (thrust, slash, piercing), nel menu o durante il combattimento posso decidere di ‘collegare’ Rean a Gaius, uno studente straniero armato di lancia. Attacco un mostro con Gaius e gli causo un danno da ‘thrust’. Subito apparirà il comando per effettuare il ‘link attack’ grazie al quale anche Rean colpirà la bestiaccia. Sviluppando i legami con il party si potranno eseguire link attack sempre più potenti, nelle fasi avanzate del gioco sono assolutamente indispensabili per far fuori i boss più ostici.

Fortunatamente non ci sono incontri casuali, i nemici sono ben visibili sulla mappa e possono essere evitati. Così se siete a corto di energia e non avete pozioni dopo un combattimento difficile, potete dribblare le feroci belve assassine usando delle finte ad angolo retto doppia V e scappando via come dei conigli.
In alternativa potete anche sgattaiolare alle spalle e attaccare i nemici, mettendoli in uno stato di shock o confusione che vi darà dei bonus di iniziativa e di stats all’inizio di ogni scontro. Durante l’esplorazione potrete cambiare il leader del party per sfruttare il suo attacco e vedere quale effetto fa sui mostri. Attenzione però, perché se sarà il mostro ad entrare in contatto con voi mentre il personaggio è girato di spalle, partirete sfavoriti con l’iniziativa o essere accerchiati. Ovviamente tutto questo non si applica ai boss che non potrete assolutamente evitare o indebolire.

La potentissima Sara Valenstein: ex capitano degli Space Marines e panterona alcolizzata.

Botte da Orbal

Vi ricordate il Materia-System di Final Fantasy VII? Bene, Trails of Cold Steel presenta un sistema molto simile per la configurazione dei vari personaggi. Fondamentalmente ognuno di loro avrà un Combat Orbment grazie al quale poter installare le diverse Orbal Arts per le magie in combattimento e per alzare diverse stats. Queste sono rappresentate da delle sfere colorate a seconda dell’elemento di appartenenza (Rosso Fuoco, Blu Acqua, etc.) e saranno intercambiabili tra i vari personaggi. Ognuno di loro avrà anche un Quartz che definirà le sue stats principali.
Potete intercambiare i Quartz e le Orbal Arts tra i vari personaggi, ovvio che non vi conviene affidare un Quartz offensivo ai due ‘maghi’ del gioco Elliot ed Emma, ma sarete comunque liberi di sperimentare.
Ma che cavolo è l’Orbal? Semplice è il nome che Nihon Falcom ha dato alla tecnologia che ha permesso all’umanità di progredire creando mezzi di trasporto, armi moderne e addirittura computer interfacciati da un primordiale World Wide Web.

Il sistema di combattimenti e delle skill ci lascia quindi una certa libertà per sbizzarrirci in diverse formazioni, alternando i membri del party e scoprendo nuove possibilità di attacco. Non lo si può certo considerare innovativo o rivoluzionario, ma funziona molto bene e quando il combattimento di un JRPG funziona vuol dire che siamo su una strada più che buona. Personalmente l’ho trovato molto divertente e accattivante, inoltre ho gradito la possibilità di gestire gli incontri con i mostri di base che mi hanno permesso di andare più spedito in alcune parti del gioco. Per velocizzare ulteriormente il gameplay, gli sviluppatori hanno inserito una modalità Turbo attivabile e disattivabile a piacimento in ogni momento e che permette di accelerare combattimenti, esplorazione e cutscene. Certo, vi sembrerà di giocare al JRPG di Benny Hill, ma se volete esplorare in fretta una zona questa è la soluzione migliore. Non ve la consiglio durante i combattimenti, perché potreste rischiare di non riuscire a seguire il flusso e prendere sonore scudisciate anche dai gruppi di mostri più fessi.

Meno male che ho portato l’Autan…

GRAFICA E SONORO

Va bene, datemi un pezzo di formaggio e poi un topolino che togliamo subito l’elefante dalla stanza. La grafica e il sonoro di Trails of Cold Steel sono i suoi due punti negativi. E con questo non voglio dire che siano assolutamente inaffrontabili, ma semplicemente che pesano un bel po’ sullo storytelling e sul ritmo del gioco.
Partiamo dalla grafica: contiamo sempre che si tratta di un titolo originariamente uscito per PS3 e PS Vita, programmato da un team con un budget non troppo elevato. Si vede chiaramente che dietro ogni personaggio e ambientazione si cela uno studio accurato, basta vedere le divise di ogni studente o la struttura del campus e delle città per capirlo. Infatti il problema principale non è tanto nel design, ma nelle animazioni sulle quali forse si poteva fare qualcosina in più.

I vari personaggi del party corrono e camminano come se fossero delle marionette stitiche con dei fili invisibili attaccati al corpo. Le cose non migliorano nei combattimenti, anche le spettacolari S-Break dopo un paio di volte che le avete viste tenderete a skipparle o a mettere il Turbo. Allo stesso modo gli effetti visivi sono abbastanza blandi, con magie poco ispirate e mostri che si limitano a scomparire una volta eliminati.
Per quanto riguarda il sonoro invece ci troviamo davanti ad effetti precampionati senza arte ne parte e ascolteremo una colonna sonora che in alcuni tratti diventa piuttosto irritante. Il brano delle sequenze di combattimento per esempio è una sorta di Children di Robert Miles un po’ più dinamica, ma che dopo un paio di ascolti inizierete a bypassare.
Il resto delle tracce provano ad accompagnare la storia, ma non sono ne incisive e ne evocative. Da Nihon Falcom mi aspettavo delle gran schitarrazzate metal shredding giapponazzo e invece mi trovo davanti a una colonna sonora molto piatta e poco memorabile.

Tutto questo palazzo traballante viene tenuto su dall’ottimo doppiaggio, sia inglese sia giapponese. Personalmente mi sono trovato a giocare il titolo in lingua anglofona, perché le voci di alcuni personaggi mi sono sembrate un po’ più mature. Sono i doppiatori a tenere in piedi le cutscene, dando vita ed espressività ai personaggi. Certo alcune voci sono un po’ fuori contesto e non mancano le irritanti ‘vocine’ stridule delle ragazzine, ma per il resto direi che ci siamo.
Sarò sincero, forse i gamer più esigenti dal punto di vista della presentazione audiovisiva non riusciranno ad andare oltre il prologo del gioco. Non li biasimo, in effetti bisogna ingoiare un po’ questo amaro boccone per potersi godere la storia, ma se si riesce a vedere oltre l’aspetto esteriore un po’ bruttino di Trails of Cold Steel, ci si renderà conto di avere davanti una gemma nascosta del panorama videoludico.

Il Preside Vandyck va molto fiero delle sue vittorie ai Tornei Imperiali di Baffi

STORIA

Trattandosi fondamentalmente della colonna portante dell’intero titolo e di tutti i suoi sequel non posso fare troppi spoiler, quindi mi limiterò quindi a darvi giusto qualche informazione sulla vicenda e sui personaggi.
La serie di Trails of Cold Steel si ambienta nell’Impero di Erebonia che si estende su una buona parte del continente di Zemuria, dove è ambientata anche la serie di Trails in the Sky.
Nell’Impero si fa molto caso alle caste sociali, specialmente alla distinzione tra nobiltà e plebe. Ovviamente i nobili sventolano la loro puzza sotto il naso come se non ci fosse un domani e la plebe giustamente s’incacchia. Essendo fondamentalmente un Impero di stampo prettamente militare però non ci sono ribellioni, anche perché l’esercito è gestito dalle potenti case nobiliari e a nessuno va di finire come nel Tres de Mayo 1808 di Francisco Goya.

Questa struttura marziale di Erebonia, spinge molti giovani a scegliere la carriera nell’esercito e a provare l’esame di ammissione nella prestigiosa Accademia Militare di Thors. La stessa Accademia ci tiene alla stretta divisione delle caste, infatti i giovani rampolli della nobiltà dormiranno in una bel dormitorio con tanto di domestica e comodi letti soffici, mentre i poveri plebei si beccheranno una fatiscente catapecchia di pietra e legname marcio con reti del letto a doghe di ferro arrugginito di marca Tetano. Persino le sezioni e le classi della scuola sono divise, mai nessuno ha osato mischiare studenti nobili con la plebaglia.
Il nostro protagonista Rean Schwarzer arriverà all’Accademia fresco fresco di treno, pieno di scatoloni di sughi, olio e soppressate fatte da mamma e nonna. Pronto ad affrontare la sua nuova vita da fuori sede nel Campus, il nostro eroe già pregusta il sapore del luppolo, scorribande con i compagni e baciarelle con le scosciate studentesse al chiaro di luna.
Purtroppo per lui niente di questo gli sarà concesso perché è stato infilato nella Classe VII, la prima che conterrà alunni provenienti dalla nobiltà e dalla plebe e dove non si scherza un cazzo. Già dal primo giorno di scuola i membri vengono gettati in un dungeoun pieno di mostri letali dall’istruttrice ubriacona. Che fortuna eh? Se si iscriveva a Tana delle Tigri forse gli andava meglio.
Durante questa prima folle giornata conoscerà i suoi compagni di classe che diventeranno parte della sua vita. Farà amicizia subito con il timido ma simpatico Elliot Craig, con lo studente straniero Gaius Worzel, avrà modo di fare la prima gaffe con la bionda tutto pepe Alisa Reinford e partecipare subito alla disputa tra l’odioso Machias Reignitz e il nobile Jusis Albarea. Diventerà fido compagno d’arme di Laura S. Arseid, il personaggio più cazzuto del gioco, imparerà a conoscere la misteriosa Fie Clausell e studiare con la secchiona Emma Millstein. Ai ragazzi della Classe VII si unisce un cast di istruttori completamente fuori di testa e gli studenti del secondo anno e della casta nobile che subito mostreranno un certo interesse per questo nuovo gruppo.
Si, mi rendo conto che i nomi ‘tedesconesi’ sono veramente vergognosi. Probabilmente se contemporaneamente apro il rubinetto mentre frullo della frutta e ascolto i primi dischi dei Carcass escono fuori dei suoni più pronunciabili e memorabili di Reignitz e Worzel.
Faccio tanto di cappello ai doppiatori per averli dovuti pronunciare con convinzione.

Sin dal prologo capiremo che dal primo giorno di scuola in poi le cose si evolveranno e la trama si svilupperà verso qualcosa di molto più complicato. Viaggeremo in treno verso i luoghi dell’Impero durante le gite scolastiche di addestramento, durante le quali aiuteremo gli NPC a risolvere diverse situazioni, conosceremo le motivazioni dei personaggi e scopriremo di più sul loro passato, anche su quello di Rean che ci viene tenuto abilmente nascosto proprio da lui stesso.
Sebbene i protagonisti siano un po’ stereotipati, i dialoghi sono talmente ben scritti e ben adattati in lingua inglese che riescono ad aggirare tutti i vari irritanti problemi legati proprio a questi ‘tropes’.
Certo, se posso essere sincero avrei evitato quelle minigonne per le ragazze e avrei ridotto un po’ le loro misure un po’ troppo generose. Ovviamente il gioco è stato pensato per un pubblico maschile, ma vista la forte e incisiva caratterizzazione di tutti i personaggi femminili, sarebbe stata apprezzabile una minore ‘sessualizzazione’.
Per godervi questo titolo dovete inevitabilmente conoscere molto bene o l’inglese o il giapponese. Non esiste una localizzazione in italiano e ci sarà davvero tantissimo testo da leggere, quindi se volete affrontare l’avventura di Rean e compagni preparatevi psicologicamente o munitevi di un vocabolario… vocabolario! Ma che dico! Nel 2019!

I am going off the rails on a crazy train!

Citando il capolavoro di Ozzy Osborne e del compianto Randy Rhoads concludo questa recensione di Trails of Cold Steel, consigliandolo vivamente a tutti gli amanti dei JRPG che apprezzano le storie scritte divinamente e i cast di personaggi ben assortiti. A me è piaciuto moltissimo nonostante sia un attempato gamer trentaseienne che non dovrebbe più emozionarsi per storie di vita scolastica ormai lontane. Ma d’altronde quando un’opera d’arte è scritta bene, le cose funzionano anche se i protagonisti sono dei clown luchadores o dei barboncini bionici.
Se invece JPRG per voi è sinonimo di lebbra allora statetene pure lontani.
Sconsiglio il titolo anche a tutti i lavoratori o studenti pendolari, a meno che il treno non lo vogliate prendere ogni santa settimana anche nei videogame!

Peace!

 

 

2 Thoughts to “The Legend of Heroes: Trails of Cold Steel – Recensione”

  1. Barboncini bionici, nemmeno Google sa come rispondere ad una ricerca così strana lol

    Comunque davvero interessante, la combo scuola + missioni + slice of life l’ho adorata alla follia in Mana Khemia, potrebbe piacermi molto anche in Cold Steel. Aspetterò qualche sconto! Grazie per la review!

    1. Grazie a te per averla letta 🙂 Il gioco secondo me merita, inoltre sembra che la trama diventi sempre più interessante anche nei capitoli successivi!

Commenta

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.