Monster Menu: The Scavenger’s Cookbook è il nuovo ibrido dungeon crawler roguelite di NIS America, disponibile per PlayStation 4, 5 e Nintendo Switch. Abbiamo provato il titolo a fondo, diamo dunque il via alla recensione senza ulteriore indugio.
Provato su Nintendo Switch
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Tu non hai fame?
Monster Menu: The Scavenger’s Cookbook è l’ennesima, originale trovata di NIS, nel suo costante intendo di mischiare idee bizzarre e gameplay non tradizionale. Dopo esperimenti esplosivi come Lapis x Labyrinth o dungeon crawler più cupi come Labyrinth of Galleria, o ancora le intime e malinconiche avventure di void* tRrLM2(); //Void Terrarium 2, stavolta scendiamo in un mondo in rovina, lottando contro fame e idratazione. Questo titolo è infatti un mix di generi: un roguelite dall’alta componente survival, in costante lotta con scarsità di risorse e il consumo di energie, che si trasforma in un mini RPG tattico per gli scontri con i nemici. Questo binomio ben poco tradizionale, trova un modo per funzionare davvero? Scopriamolo insieme.
Come spesso capita dai titoli NIS, si inizia personalizzando un personaggio, per arrivare a una squadra completa di quattro. La premessa è pressoché inesistente: in un dungeon non meglio identificato, i nostri beniamini si trovano alle strette, e pur di sopravvivere, si trovano a ingurgitare i resti di un mostro. Questo è l’evento scatenante che dà inizio all’avventura, e il leitmotiv del gioco: mangiare cadaveri. Come da rogue che si rispetti, l’azione è scandita su piani, simili tra loro per area, intervallati da aree di riposo e un boss finale.
L’esplorazione è sempre relativamente breve, alla ricerca di nemici, risorse e ovviamente le scale verso il piano successivo. La tensione è resa dunque dalla costante corsa contro il tempo. Ogni azione consuma calorie e causa disidratazione, e questo va gestito mentre ci si fa strada scontrandosi con i vari nemici che pullulano nei dungeon. Incontrare un nemico, trasforma il tutto in un rapido tattico, il terreno si suddivide a scacchiera, e in pochi turni bisognerà liberarsi degli oppositori di turno. La trovata sta nel fatto che, i cadaveri nei nemici, possono essere divorati durante la lotta per recuperare una quantità modica di energie, o saccheggiati nella speranza di intascarsi delle risorse valide da usare nell’area di riposo tra un piano e un altro.
L’area di riposo è dove, in gran parte, il giocatore sfrutta le proprie abilità di micromanagement, usando lo stretto inventario e le poche risorse disponibili, per usare le due opzioni chiave: Cooking e Crafting. Cooking è esattamente ciò che state pensando, e cioè un grossolano sistema di cucina, attraverso il quale trasformeremo l’occhio del blob, la carne del pollaccio assassino e l’ala rotta del pipistrello carnivoro, per creare un’ottima insalata rinvigorente.
Diversi piatti ricaricano diverse risorse di ogni personaggio, ma l’elemento chiave è che conferiscono nuove abilità, attive o passive che siano. Il sistema di cucina, quindi, schiavo del RNGesus, è dove cercheremo di potenziare la nostra squadra in vista della continua avanzata nei dungeon. Il tutto è fatto in maniera elastica e molto personalizzabile, ma attenzione a non fare strafalcioni. Una ricetta sbagliata può causare danni di vario tipo, ma magari conferire un’abilità particolarmente utile. Anche qui, la tensione del risk/reward è piuttosto alta.
Lo stesso non può esser detto del Crafting, ridotto ai minimi termini, e piuttosto legato alle poche, semplici ricette, per creare nuovi strumenti di cucina o bonus di simile tipologia, con l’importante postilla che non permette personalizzazione o sperimentazione di alcun tipo. Utile quanto basta, ma piuttosto limitato nell’esecuzione.
Il pepe nella ricetta
L’elemento survival misto al roguelite, sono il pepe che danno sapore al loop di gioco. La squadra dovrà generalmente ripartire dal primo piano, ma si possono sbloccare scorciatoie, una volta superato il boss dell’area. Questo è un po’ un’arma a doppio taglio, poiché se la squadra non ha accumulato sufficienti risorse e abilità per lanciarsi già in avanti, è facile rimetterci subito le penne. Ogni personaggio infatti può imparare diverse abilità permanenti, soprattutto tramite l’utilizzo di alcune armi.
Le armi sono inoltre soggette a degradazione, riparabile tramite appositi strumenti, ma con ogni probabilità si passerà a nuove armi da scovare o creare tramite crafting. Anche l’arco, dato il suo potenziale strategico, non è liberamente usabile, ma è limitato dalla presenza di frecce, singolarmente craftabili, da tenere nello zaino sempre troppo stretto. Le stesse Skill d’attacco, nonostante l’utilità, consumano risorse sempre in bilico. La scelta di divorare un nemico per una piccola cura e un buff (o debuff?) nella lotta in corso si scontra con la possibilità di attendere per potenziali migliorie più tardi.
Ora, purtroppo va detto che, rispetto ad altri prodotti dello stesso sviluppatore, c’è un leggero senso di mancanza di budget. Un po’ è normale, visto il genere, ma la mancanza di un reale impianto narrativo un po’ si fa sentire, soprattutto quando si notano alcune scelte ispirate, come quella di dare alle diverse aree nomi ispirati ad organi, creando una certa ambientazione, poi tradita dall’obiettiva mancanza di varietà, che rende i piani un po’ troppo simili tra loro.
A chi consigliamo Monster Menu: The Scavenger’s Cookbook?
Monster Menu: The Scavenger’s Cookbook è il nuovo esperimento di NIS, come sempre sul pezzo, a sperimentare nuove idee e nuovi mix. Come ci si può aspettare da questa linea, a volte con maggiore, altre minore successo. L’idea è intrigante, ma è difficile non stancarsi di una certa ripetitività di fondo, una personalizzazione che sì, stimola, ma spesso punisce il giocatore per mancanza di risorse. È senza dubbio un titolo simpatico e originale, ma forse gli manca quella marcia in più per definirsi un esperimento riuscito. Lo consigliamo ai più curiosi, ma a prezzo pieno, faremmo difficoltà.