Days Gone, analisi a freddo del titolo Bend Studio

days gone copertina

Days Gone è il classico esempio di come dare i ‘voti’ ai videogiochi sia una pratica vecchia, datata e persino un po’ dannosa, abbiamo quindi deciso di analizzarlo a freddo, tempo dopo l’uscito PS4 e poco dopo quella PC. Da mezza delusione da 6, il caro Days Gone è diventato improvvisamente un gran bel gioco da 8 nel giro di un’uscita per PC ed eventuali lamentele dei gamer perché Sony ha “bocciato” l’idea di un sequel.

Tralasciando la volubilità del giornalismo videoludico che in un certo senso capisco, perché per alcuni è un lavoro e come ogni lavoro ha delle regole da seguire, penso che Days Gone sia un gioco… sconnesso.

Da umile appassionato sono saltato sul carro del “rivalutiamolo” e dopo averlo trovato in offerta su PS4 mi sono deciso finalmente a provarlo. Il povero cucciolo Sony, bistrattato perché magari un po’ rognoso, poteva darmi qualche soddisfazione, magari anche solo per un po’ di gaming bislacco senza impegno, a gambe stese sul comodo divano e faccia da gibbone inebetito.

Days Gone: bello o brutto? C’è il barbatrucco

E che dire: Days Gone non è proprio un brutto gioco, ma non è neanche bello. La storia fa acqua da tutte le parti, Deacon St. John è un personaggio piatto e scontato, il gameplay è divertente, ma un po’ canonico, così come l’open world poco sfruttato. Si merita quindi tutto questo rinnovato amore da utenti PS4 e PC? Forse, o forse no… dipende molto da quanto riuscite a tollerare i giochi a mondo aperto dove la storia si dirama in vari pezzi, senza avere un vero e proprio filo conduttore.

Diciamoci la verità: a livello di gameplay Days Gone non ha niente che non vada, anzi… il gunplay è ottimo, il feeling delle armi è stato ben realizzato, così come gli effetti sonori. Per carità, io sono un uomo molto limitato e semplice, sono felice anche solo se in un gioco mi metti degli shotgun da paura con dei suoni devastanti. Gli attacchi melee danno soddisfazione, adoro buttare a terra i poveri Furiosi o predoni con una spallata e poi pestarli con la gamba di un tavolo. Tra le varie meccaniche quella che funziona di meno è lo stealth, ma probabilmente perché ci sono comunque meno possibilità di agire silenziosamente.

E la moto? Ah, la moto del vecchio Deek… che occasione sprecata! Perché non poterla dotare di lame falcia zombie o di qualche gadget utile? Potenziarla serve solo a viaggiare più veloci e ad avere più carburante, due opzioni che tra l’altro tornano utili solo con la difficoltà Survivalist, dove il fast travel viene disabilitato.

Che il protagonista fosse un membro di un MC prima del disastro, non aggiunge assolutamente nulla al gameplay, quando invece non sarebbe stato male poter gestire una banda di motociclisti durante un’apocalisse zombie. Purtroppo Deacon St. John non è un personaggio convincente, nonostante Sam Witwer ce l’abbia messa tutta a dargli un filo di anima. Il problema è la sua scrittura, troppo basilare: un ex militare diventato motociclista, con un cuore indurito dalla morte della moglie.

A volte non si capisce se sia un pezzo di merda, un idiota o il classico duro\buono dei film anni ’80. La sua identità si perde tra i boschi dell’Oregon e non la si ritrova più. L’arco narrativo del suo comprimario Boozer risulta molto più interessante, tanto che probabilmente sarebbe stato molto più bello poter avere lui come protagonista.

E invece, la narrazione procede con un Deacon indistruttibile, un autentico problem solver post apocalittico, tosto e duro di fronte agli eventi. Persino il percorso da randagio vagabondo a leader di una comunità non prevede nessun tipo di emozione dal protagonista se non i suoi sorrisetti sardonici e qualche parolaccia spezzata. Manca ovviamente la profondità dei due The Last Of Us, e nonostante avrei desiderato una storia meno ‘arzigogolata’ nella Parte 2, devo dire che giocando a Days Gone ne ho sentito ampiamente la mancanza.

Composizione discutibile

Days Gone prova a organizzare una storia quasi corale, con un marasma di personaggi, alcuni ben scritti come Iron Mike e Rikki, altri un po’ buttati nel minestrone e poco sfruttati come la signora Tucker e Skizzo, il quale poteva avere una psicologia un filo più curata. Il problema è che tutti questi personaggi e le loro vicende a volte sembrano completamente staccati dal gameplay così come dalla storia che si compone a un ritmo spezzato, probabilmente tranciato in due da un open world decisamente forzato.

E parlando dell’open world… le attività sono abbastanza ripetitive e l’esplorazione non porta assolutamente a nessuna sorpresa. Perché non creare delle missioni secondarie per approfondire la storia di determinati personaggi? Magari ricompensando il giocatore con delle armi particolari o con parti per la motocicletta rare. Queste si possono comprare solo ed esclusivamente nei negozi degli accampamenti e solo se Deacon raggiungerà una certa reputazione. Una meccanica a parer mio un po’ buttata lì, quando invece sarebbe stato bello esplorare il mondo di gioco per delle ricompense.

Ammetto che bruciare i nidi e trucidare predoni e Ripugnanti negli accampamenti sia abbastanza divertente, ma si perde nel non dare neanche qualcosa in cambio per lo sforzo al giocatore, se non un aumento di reputazione nell’accampamento adiacente.

E ora veniamo ai nostri Freakers o Furiosi. Combatterli è molto, molto interessante, specialmente perché ai livelli di difficoltà più alti richiede una strategia ben precisa. Prima di bruciare un nido bisogna caricare le armi e magari piazzare qualche trappola per abbattere i poveri zombie che abbiamo ingiustamente svegliato a suon di molotov. I nidi ad esempio sono una trovata interessante, peccato che le spiegazioni sui Furiosi ce le diano degli scienziati della NERO durante delle stupide missioni con Stealth ‘forzato’.

Le orde poi, sono una cosa pazzesca e sicuramente la caratteristica più interessante del titolo di Bend Studios… peccato che arrivino solo alla fine del gioco. Perché non metterle subito? Affrontare le orde è una bomba: strategia, azione e riflessi unite in una folle fuga da centinaia di Furiosi, con tanto di barra del boss da azzerare. Impossibile non sentire una grande soddisfazione nell’accoppare gli ultimi tre o quattro zombazzi alla fine di una battaglia cruenta tra trappole, esplosivi e passaggi stretti per la fuga. Peccato che per arrivare a questo punto bisogna ingollare la brodaglia esasperante del secondo capitolo della storia con tutto quel pappazzone sui Ripugnanti, completamente scollegato dalla storyline principale.

Un sequel non si nega a nessuno

Days Gone non investe a sufficienza sui suoi punti di forza, quando invece ne ha tanti che avrebbe potuto gestire meglio. Ho come avuto l’impressione che Bend Studio si sia fatta imbambolare da The Last of Us al punto da avere quasi del timore reverenziale nei confronti del titolo Naughty Dog e non riuscire quindi a dare una identità unica al suo Days Gone. Mentre vedevo i titoli di coda mi rendevo conto di sentirmi dispiaciuto per il fatto che Sony avesse bocciato un seguito. Penso onestamente che una seconda possibilità debba essere concessa a tutti, perché magari rivedendo un po’ di cose, un Days Gone 2 potrebbe dare molto.

2 Thoughts to “Days Gone, analisi a freddo del titolo Bend Studio”

  1. King

    A mio parere Deacon è un bel protagonista, è impazzito dopo aver perso la moglie e va avanti giorno dopo giorno senza un obiettivo. Tu spettatore delle sue avventure lo senti parlare da solo sulla moto mentre sente la radio, e lo vedi reagire in modo apatico a qualsiasi cosa gli succeda attorno a meno che non riguardi il suo unico amico.
    Il problema del gioco è proprio questo: se l’idea di questo protagonista in un mondo così ti interessa, il fatto che ci metta 10 ore per ingranare e altre 40 per finire ti pesa poco, se invece non ti prende sei lì a dire “ma quando arriva al dunque?”, “ma perché adesso devia in questa maniera?” un po’ come succede a molti in Red Dead Redemption.
    Per fortuna io sono del primo gruppo e ho sentito pesantezza solo dopo 50 ore, mica poco.
    Infine l’aver copiato e ampliato il gameplay di The Last of Us da un lato sembra mancanza di idee, dall’altro assicura una base solidissima che non stanca e non intralcia, importantissimo contro le orde. A proposito, attenzione, il gioco ti mette contro un’orda obbligatoria alla fine, ma puoi benissimo affrontarne da solo anche all’inizio, semplicemente avrai meno strumenti a disposizione e non le vedrai già segnate sulla mappa.
    Le orde sono proprio la sorpresa che l’esplorazione ti regala, e i premi sono un casino di crediti e qualche potenziamento per Deacon.

    Secondo me l’unico vero difetto del gioco sono alcuni flashback, che ti fanno provare solo disagio e ti fanno venire voglia di guardare il muro invece della TV.

    1. Ciao King 🙂

      Purtroppo non sono riuscito ad empatizzare con Deacon, forse proprio per la sua apatia. Penso che in un videogame ‘story driven’ sia molto importante riuscire a ‘immedesimarsi’ nel personaggio principale e questo personalmente mi succede solo quando vengono rappresentate più emozioni contrastanti. Il fatto che Deacon sia impazzito viene rappresentato in maniera troppo sottile per risultare evidente, forse era nell’intenzione degli scrittori, forse no, o forse semplicemente non ci sono arrivato io 🙂 Come già detto in questa analisi personalissima del gioco, secondo me il secondo capitolo poteva essere gestito meglio, o completamente eliminato. Apprezzo l’intenzione di rendere la storia più ‘epica’ inserendo personaggi nuovi e una nemesi, però il tutto mi è sembrato spezzato in due dall’open world. Per l’ispirazione alla The Last Of Us… non so, con i biker mi sarei aspettato qualcosa di molto più heavy metal, ma sono gusti personali 😀 E per le orde… mmmh, non so, il mondo di gioco non mi è sembrato così bello da esplorare, poi è un po’ privo di ricompense quindi diciamo che non mi ha proprio invogliato ad andare a trovare le varie orde, quindi considero un difetto non averle proposte prima 🙂

      I flashback sono terrificanti, concordo 😀

      Grazie per il commento! Stay freaker! 😀

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