Blind Fate: Edo No Yami – Recensione

edo no yami recensione copertina

Niente, dopo la Teenage Mutant Ninja Turtles: The Cowabunga Collection la mia maledizione continua con un altro gioco dal lungo nome che mi impedisce di scrivere minchiate nel titolo dell’articolo. Va bè, ne sparerò molte in sede di recensione, quindi basta con le lamentele! Cosa è finito nelle mie callose manacce da scimmia? Bè il nuovo titolo di Troglobytes Games chiamato Blind Fate: Edo No Yami, un action 2D che ci prova con meccaniche sulla carta interessanti. Il titolo è disponibile su Steam, PlayStation, Xbox e Switch dal 15 settembre.

Provato su PC

PS4switch
single player

Impeto non vedente

Blind Fate: Edo No Yami è un action-platform con una forte enfasi sui combattimenti, ambientato in un mondo dove i giapponesi l’hanno fatta grossa. Il progresso tecnologico e dei robottoni chiamati Yokai (spiriti del folklore giapano già visti in Nioh, tra i tanti) sembrano aver causato una catastrofe e rispedito il paese indietro al periodo Sengoku, o un’altra di quelle epoche piene di katane e ronin sfregiati che amavano complimentarsi con i loro avversari, anche mentre schiattavano male.

Per contrastare i robo-Yokai, lo shogunato si serve dei cacciatori: cazzuti samurai pronti a tutto pur di combattere contro la terribile minaccia meccanica. Tra questi troviamo Yami, il protagonista della vicenda che essendo un po’ meno cazzuto degli altri, finisce accecato e mutilato orrendamente da un misterioso nemico. Fortunatamente, viene salvato da un tengu robotico, trasformato in un supercyborg e dotato di sensori per sostituire la sua vista ormai perduta. Nei suoi panni, dovremo girare per il Giappone facendo a pezzi gli Yokai robot e scoprire la verità su cosa diamine succede nello Shogunato, magari anche ottenendo la tanto agognata vendetta.

I vari livelli del gioco si potranno selezionare progressivamente tramite la mappa del gioco, dalla quale inoltre è possibile accedere alla dimora del simpatico quanto massiccio Tengu robot, dove è possibile potenziare Yami acquistando varie skill e affrontare diverse sfide nel Dojo. I dialoghi interamente doppiati narrano in modo convincente la storia del gioco, inoltre offrono diverse informazioni su una lore curata e interessante.

Lo spunto più interessante di Blind Fate: Edo No Yami però è proprio il suo protagonista non vedente, cosa che costringe il giocatore a usare dei sensori per poter individuare i nemici ed eventuali parti dello scenario. Avremo a disposizione tre sensori: per l’udito, per l’olfatto e per le fonti di calore, ognuno di questi utile in determinate situazioni. Nei combattimenti, quello per l’udito si rivela fondamentale, in quanto ci permette di ascoltare i passi dei nemici e colpirli. Una volta sferrato il primo colpo, i nemici diventeranno visibili e di conseguenza attaccabili.

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Yami avrà a disposizione un attacco primario con la katana, la schiavata, la parata e un cannone bionico. Il sistema di combattimento prevede l’azzeramento della barra vitale dei nemici, cosa che si può ottenere colpendoli ripetutamente con la spada, riempiendo la barra dello sfiancamento, per poi attivare un colpo al loro punto debole.

Come? Semplice, selezionando il giusto sensore e premendo il tasto di attacco al momento giusto. I nemici più fessi si potranno distruggere immediatamente, grazie al cannone bionico che permetterà a Yami di eseguire una finisher. Ovviamente, le munizioni sono limitate e non sempre questa tattica funziona, altrimenti il gioco sarebbe una passeggiata.

Perché a te ci tengu

Il titolo di Troglobytes non perdona, si tratta infatti di un gioco decisamente difficile, sebbene la difficoltà spesso sia molto fine a sé stessa. Affrontare i nemici normali, così come i boss, si rivela un po’ il classico compitino attacca-schiva-attacca da ripetere ad nauseam, che nelle due dimensioni può indubbiamente funzionare, ma non se ogni nemico è praticamente una spugna di colpi.

Yami, dal canto suo, ha la consistenza di una scamorza squagliata al microonde, quindi basteranno pochi colpi per mandarlo al tappeto e stamparci in faccia il Game Over. Non aiuta la legnosità generale dei combattimenti e delle animazioni che rende gli scontri lenti e, a lungo andare, poco divertenti.

Il problema è che la barra dello sfiancamento dei nemici si ripristina se questi non vengono attaccati, in più il nostro cacciatore ha una barra della resistenza che si consuma ad ogni attacco, schivata o salto. Questo rallenta ulteriormente il ritmo del gioco, cosa che fa letteralmente a schiaffi con il design. Perché mettere il giocatore nei panni di un cyborg e poi renderlo lento come un trattore?

La varietà dei nemici è abbastanza buona, solo che la maggior parte degli Yokai vanno affrontati tutti allo stesso modo. Tutti i limiti del gameplay poco calibrato si vedono subito nel primo boss fight che mette subito alla prova la pazienza del giocatore, più che la sua abilità.

E attenzione, sebbene Blind Fate: Edo No Yami voglia sfidare il giocatore con boss fight impegnative, finisce per annoiarlo con scontri troppo schematici che offrono veramente poca libertà.

Ci sono anche delle scelte di design discutibili, come ad esempio i QTE per eseguire le finisher che rallentano la già non troppo veloce azione di gioco. I QTE si ripropongono anche in alcune boss fight, a volte in modo un po’ estenuante, a volte faticando ad attivarsi, lasciando il giocatore esposto a danni devastanti da parte del boss di turno. Ogni tanto si mettono in mezzo anche sezioni platform che stufano in fretta a causa di un certo input lag e del salto poco preciso di Yami.

Yokai Dokai

Blind Fate: Edo No Yami non è un gioco ben oliato a livello di meccaniche, cosa che rende il gameplay stantìo e poco vivace, specialmente se confrontato con titoli dello stesso genere. L’idea del protagonista non vedente in un gioco action è interessante, ma si poteva applicare meglio sia ai combattimenti, sia al level design.

Perlomeno i livelli si alternano bene tra loro con cambi di ambientazioni e un design lineare piuttosto scorrevole. L’impatto grafico non fa gridare al miracolo, ma la lore e la realizzazione di alcuni scenari e dei robot risulta decisamente piacevole. Ottime invece le cutscene, illustrate con uno stile particolare che ricorda alcuni fumetti underground della scuola belga-francese.

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Come perHyperParasite, i Troglobytes mostrano di avere delle buone idee per risultare originali e distinguersi dalla massa, ma senza riuscire a trovare la giusta chiave per aprire le porte del gameplay. Blind Fate: Edo No Yami è un gioco fatto col cuore e si vede, peccato però aver voluto puntare molto sulla difficoltà e su scontri dalle regole draconiane che spesso lasciano veramente poco spazio al giocatore. Purtroppo le idee originali non bastano, specialmente se non supportate da un gameplay solido alla base.

Oltretutto Blind Fate: Edo No Yami incappa in diversi problemini di pacing, dove la narrazione mette i proverbiali bastoni tra le ruote al gameplay. Tramite un espediente narrativo, giocheremo un livello in un flashback, dove Yami è ancora umano. Questo si traduce in niente poteri per il giocatore che dovrà barcamenarsi tra sezioni platform e una determinata tipologia di nemico con solo l’attacco principale e una schivata. Al termine del livello in questione, ci si trova davanti a una Boss Fight con un design un po’ dubbio e a dir poco sfiancante. Insomma, già il gioco fa fatica a decollare, se poi si tarpano ancora più le ali al gameplay dopo pochi livelli, allora si rischia di far crollare completamente l’interesse. Diamine, già nella sua forma cibernetica Yami si controlla come un falegname senza partita IVA, perché depotenziare ulteriormente il giocatore per un intero livello?

Insomma, ci sono diverse cose da rivedere per un titolo che ha un potenziale inespresso. Nemici troppo resistenti e potenti, input lag, combattimenti troppo lenti e boss fight estremamente sbilanciate non invogliano certo a portare il gioco a termine. Spero che Blind Fate: Edo No Yami venga reso più godibile con qualche patch di bilanciamento, perché la lore e il mondo di gioco meritano di essere scoperti.

A chi consigliamo Blind Fate: Edo No Yami?

Consigliato a tutti i giocatori che cercano un livello di sfida alto, ma sono disposti a chiudere più di un occhio su una certa legnosità dei combattimenti e su qualche scelta di design non proprio azzeccata. Chi ama il Giappone e il folklore del Sol Levante, trarrà sicuramente soddisfazione dalla storia ben realizzata e dal comparto audiovisivo curato.

Chiaro che se siete dei fanatici del gameplay frenetico, Blind Fate: Edo No Yami potrebbe deludervi, nonostante la sua originale premessa. Il titolo di Troglobytes deve vedersela con dei titani del genere action-platform 2D ben più fluidi e accattivanti a livello di gameplay, ma questo non vuol dire che non possa essere pane per i denti di giocatori ben più proni ad affrontare titoli altamente punitivi.

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