El Shaddai: Ascension of the Metatron è un titolo pubblicato originariamente su Playstation 3 e Xbox 360, precisamente nel 2011. Sviluppato da Ignition Entertainment, è stato riportato in vita da Crim per una nuova pubblicazione, stavolta su PC tramite la piattaforma Steam.
Provato su PC
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God’s in his Heaven, all’s NOT right with the World
Il termine El Shaddai lancia immediatamente addosso al giocatore l’immaginario del gioco, secondo la tradizione ebraica si tratta infatti di uno dei nomi di Dio, tradotto poi nelle Sacre Scritture come “l’Onnipotente Dio”. Il Metatron è considerato l’angelo più vicino al Signore e siede in cielo come suo scriba, un concetto fondamentale per capire l’incipit del gioco e dove questo voglia andare a parare.
Chi non ha familiarità con il mondo ebraico-cristiano potrebbe avere difficoltà nell’inquadrare personaggi e temi di El Shaddai, fin dall’inizio il titolo fa riferimento a personaggi biblici e mette il giocatore nei panni di Enoch, discendente di Adamo ed Eva e apparentemente vissuto prima del grande diluvio universale. Il destino di questo giovane uomo è stato già scritto nelle sfere celesti e, guidato dall’angelo Lucifel, dovrà compiere il volere di Dio: imprigionare sette angeli caduti che si sono ribellati al Signore ed evitare così il grande Diluvio che dovrebbe spazzare via tutto il creato, per mondare uomini e angeli perversi dei loro peccati. Rifugiatisi in una torre nascosta, creando dunque un parallelismo con quella ben nota “Babele”, i “Grigori” (termine usato per indicare gli angeli caduti) sono riusciti a eludere il giudizio finale fino a quando Enoch non è stato in grado di lacerare il velo che ne impedisce la localizzazione.
L’impianto narrativo di El Shaddai è dunque sontuoso, ricco di riferimenti religiosi e al tempo stesso in grado di osare e spingersi in territori delicati senza mai cadere nella vile blasfemia. A fare da sostengo alla storia troviamo anche uno stile visivo minimalista, incentrato sulla presentazione di luci, colori e suoni, con ambientazioni che potrebbero apparire scarne ma che in realtà proprio in virtù di ciò danno l’impressione di trovarsi in un mondo governato da esseri sovrannaturali.
Estremamete azzeccata è la soundtrack composta da Masato Kouda e Kento Hasegawa, che con i suoi toni apocalittici setta il giusto mood dell’avventura, passando dai canti gioiosi quando si attraversano sezioni della torre abitate dagli esseri umani intenti a celebrari gli angeli caduti, fino ad arrivare a inni solenni e le fanfare perverse degli scontri contro i boss.
Se il comparto artistico è squisitamente originale, lo stesso non possiamo dire però del gameplay che dopo le prime ore di stupore e divertimento inizia ad arrancare e mostrare il fianco, segno di una tecnica non eccellente e del passare degli anni che non sono stati particolarmente clementi.
Tre armi per domarli
El Shaddai è un action in terza persona con telecamera fissa, una scelta che nel 2011 poteva già essere accolta con qualche piccolo dubbio ma che nel 2021, anno di pubblicazione del port, è sicuramente anacronistica. Non parliamo di un remaster, soft reboot o tentativi di riportare in vita un franchise e di spremerlo quanto più possibile, ma di un’esperienza del tutto simile a quanto vissuto su console di due generazioni fa (sì, compresi i caricamenti che persino su SSD sono tutt’altro che entusiasmanti).
Non aspettatevi dunque miracoli sotto questo versante: le opzioni grafiche tra cui scegliere sono molto limitate e potreste essere persino costretti a impostare il Vsync da pannello esterno in caso vi sanguinino gli occhi a causa del tearing invasivo. Tralasciando qualche piccolo intoppo qui e lì, “riparabile” grazie a un paio di patch (al momento della recensione abbiamo completato il gioco subendo due crash dell’applicazione), è necessario per noi affrontare il grande enigma rappresentato dal gameplay.
Tutto il gioco è basato fondamentalmente su due pulsanti principali: uno dedicato all’attacco e l’altro dedicato al salto. Le combo eseguibili da Enoch variano in base alla pressione del pulsante di attacco e all’arma posseduta in quel preciso frangente. Il sistema si basa sul classico sasso-carta-forbice, con tre armi differenti l’una in grado di battere l’altra: Arch (una lama), Gale (proiettili) e Veil (scudo offensivo), a cui si aggiunge il combattimento a mani nude che è invece neutro.
Per entrare in possesso di un’arma è necessario attaccare il nemico che la possiede fino a quando non appare un cerchio blu alla base dell’avversario, quello è il momento di avvicinarsi e premere il bumper sinistro per rubarla. In un combattimento con uno specifico set di nemici potrete quindi ritrovarvi a cambiare più volte l’arma per ottenere un vantaggio tattico.
Pur avendo detto che il gioco si basa sulla pressione di due pulsanti, in realtà vi ho spudoratamente mentito, non solo perché ho appena sottolineato che è possibile utilizzare il bumper sinistro, ma anche perché a questo si aggiunge il bumper destro, la cui pressione può portare a diverse azioni: se premuto da solo permette a Enoch di difendersi dagli attacchi (premendolo a tempo si potrà anche effettuare una perfect parry che lascerà il nemico scoperto per qualche secondo), se premuto insieme al tasto di attacco o quello del salto, invece, si effettuano due tecniche specifiche per ogni arma.
La semplicità del gameplay è solo apparente ma, e qui inseriamo un gigantesco MA, il tentativo di offrire un combat system stratificato, coadiuvati anche da una scelta tra quattro difficoltà diverse (due sbloccate dopo aver completato il gioco a Normal), va a cozzare con la ripetitività dei nemici, che potremmo ridurre a tre tipologie diverse con color swap e con hitbox non sempre precise e pulite. A salvare capra e cavoli ci pensano comunque alcune sezioni intriganti, che trasformano il gameplay action 3D in platform a scorrimento laterale e persino una corsa su binari, chiaro segno di trovarsi di fronte a un titolo dalla forte impronta giapponese old school.
Un port didattico
La creazione di un videogioco non è un processo semplice e spesso bisogna scendere a patti con tempi stretti, risorse limitate, team piccoli e tanti altri elementi che trasformano l’idea iniziale in un prodotto che può essere confezionato e venduto senza incorrere in perdite ingenti. El Shaddai ha sicuramente vissuto una gestazione poco facile, per questo il finale enigmatico viene finalmente chiarito in questa versione che include il racconto “Lucifer’s Fall”, accessibile solo dopo aver completato il gioco.
Non farò spoiler a riguardo ma sicuramente quest’aggiunta sarà gradita alla community di appassionati che si è scervellata alla ricerca di spiegazioni sul finale un po’ sbrigativo che, per quanto fosse comunque conclusivo, lasciava molti punti interrogativi ed eventi alla completa immaginazione del giocatore.
A chi consigliamo El Shaddai: Ascension of the Metatron?
Gli appassionati di giochi action che non hanno dato una chance a El Shaddai quando uscito su PS3 e X360, possono ora approfittare del port per Steam, che nella sua edizione Standard include anche il racconto “Lucifer’s Fall”, dove è possibile scoprire quale fosse l’intento originale degli sviluppatori per la fine del gioco e un eventuale sequel che, in base alle vendite del titolo, potrebbe anche essere realizzato (come anticipato dalla stessa software house Crim).
El Shaddai è un prodotto intrigante, realizzato con passione e cura e non possiamo che essere felici della pubblicazione anche per l’utenza PC, tuttavia ricordiamo ancora una volta che si tratta di un gioco del 2011 rimasto pressoché invariato e, pertanto, bisogna mandare giù qualche rospo per riuscire a goderselo senza troppe pretese.
Stile artistico impeccabile ed evocativo | Qualche singhiozzo tecnico |
Nell’acquisto è incluso il racconto “Lucifer’s Call” | Ripetitivo a lungo andare nei combattimenti |
Soundtrack che merita l’acquisto separato | |
Transizioni di gameplay interessanti |