Dragon Star VARNIR – Recensione

Dragon Star VARNIR è l’ultimo gioco sviluppato da Compile Heart e distribuito da Koch Media per Playstation 4. Il gioco prende la formula già vista in giochi come Omega Quintet, Fairy Fencer F e Black Rose Valkyrie e cerca di farla evolvere con nuove soluzioni per creare un gameplay che sia intrigante e fresco.

Provato su Ps4 base

Pro Contro
Una trama interessante… …che si poggia comunque su molte figure tipiche degli JRPG
Sistema di combattimento I numerosi sistemi in gioco possono sembrare un modo per nascondere una mancanza di reale spessore
La quantità, il volume del gioco

Non disturbare il drago che dorme

Il gioco vi mette nei panni del giovane Zephy, un cavaliere dell’Impero (d’altronde vi basta chiamare un gruppo col nome collettivo IMPERO per capire che è fondamentalmente costituito da bastardi pronti a conquistare il mondo) che partecipa alla continua caccia alle streghe. Nel prologo il baldo giovine però viene ferito gravemente in battaglia e per motivi non proprio chiarissimi viene salvato dalle due streghe Minessa e Karikaro, che gli fanno bere, con un bacio, sia chiaro, del sangue di drago. Il sangue sembra svegliare nel corpo del ragazzo un marchio sulla pelle che gli conferisce i poteri di strega. O strego. Un Male Witch, come dicono nel gioco. Mai sentito, una stregoneria! Eppure riesce subito a volare e sviluppa poteri magici. Zephy ora è dall’altra parte della guerra tra Impero e Streghe, e tutto ciò che conosce sta per essere sovvertito.

Il mondo vede quindi l’Impero cacciare le streghe, che a loro volta cacciano i draghi. Perché, chiedete? Perché le streghe sono maledette. Ognuna di loro ha un marchio addosso ed è indissolubilmente legata ai draghi. Se le streghe non mangiano carne di drago diventano completamente pazze, perdono il senno per sempre. Se ne mangiano troppa, il drago in loro le divora da dentro e si trasformano definitamente in draghi.

Il mondo in cui Zephy viene lanciato è un mondo mesto, cupo, abitato da ragazze e ragazzine che cercano di vivere una qualche normalità nonostante l’incombente, continuo terrore di impazzire o di essere uccise da dentro o dalle più care amiche.

La premessa in realtà è molto allettante, una trama un po’ complessa che aggiunge una manciata di sfumature al classico e tritissimo discorso buoni vs cattivi. Gioca un po’ con la moralità e con l’idea che non ci sia davvero una soluzione per tutti, e che anzi, andare dal lato del nemico e guardarsi attorno può dare una panoramica davvero diversa da quella che si conosceva.

È quando Charlotta entra in contatto con la squadra che si narra di templi dove sarebbero custoditi i segreti del rapporto tra streghe e draghi, e un po’ riluttanti, tutti partono insieme.

Il gameplay è un’evoluzione e un po’ un nuovo esperimento di quello che abbiamo già visto nei giochi di Compile Heart. Un JRPG con combattimenti a turni, un cast di ragazzine più e meno attraenti, qualche elemento erotico non sempre azzeccato, una trama non esattamente rivoluzionaria, e un buon mix di numerosi sistemi per rimpolpare il tutto. Ormai lontani i goffi tentativi di Omega Quintet, stavolta con Dragon Star VARNIR, CH sembra aver trovato un equilibrio che tiene il gioco vivo per molte ore.

Il combattimento è a turni, dettati dalla velocità del personaggio, con tre attivi in combattimento contro “x” numero di nemici. La chicca, stavolta, è che la squadra è composta da streghe (streghi?), ed è tutto in volo. Ci sono quindi tre piani d’altezza dove posizionarsi e questo può talvolta avere un certo peso strategico. Alcune formazioni daranno buff a personaggi che rimangono in determinate posizioni, certi attacchi colpiscono in verticale o in orizzontale, e così via. La seconda chicca però, forse l’elemento portante del gioco, è che i nemici possono essere divorati. Inoltre, una barra al lato degli HP mostra quanto il drago in sé è pronto a risvegliarsi, dando una serie di buff, una mossa speciale potentissima per divorare prima i nemici e curare completamente il personaggio. Succede spesso, fa bene, I’m loving it.

Il level up è gestito tradizionalmente da punti exp che vengono accumulati e il numerino sale. Bene. Fin qui, ci siamo. Si accumulano però anche Factor Points, che devono essere spesi nei core dei nemici. Nei che? Ecco, i nemici, tutti i nemici (fatta eccezioni per gli occasionali umani scriptati) possono essere divorati. Ogni personaggio ha un menù con attacchi che hanno una data percentuale di successo nel divorare il nemico, che più è debole e meno resiste al morso. Se il nemico viene divorato con successo, il divoratore (per qualche verso il cannibale) acquisisce il core di quel drago. Il core è in parole molto povere una minuscola sferografia che conferisce abilità, parametri, passivi e altro. Vien da sé che è interesse del giocatore trovare e mangiare ogni nemico possibile, con tutto il cast. Solo i core dei boss invece vengono conferiti all’intera squadra di default.

Chi di voi da lontano sente già il putrido fetore delle Licenze del primo Final Fantasy XII può stare tranquillo. È vero che a conti fatti tutti imparano esattamente le stesse cose, ma il gioco permette un massimo di cinque attacchi fisici, cinque magie, cinque attacchi per divorare e cinque abilità passive. Il numero estremamente limitato di opzioni da portare in battaglia crea necessariamente il bisogno di diversificare il proprio party.

L’esplorazione dei dungeon è precisamente quanto già visto nei loro giochi precedenti, ma meglio. Spazi abbastanza contenuti ma disseminati di cose con cui interagire, oggetti da raccogliere o distruggere. Ogni personaggio poi ha un’abilità da utilizzare nel dungeon: Minessa può uscirne immediatamente, Zephy spacca delle pareti con un pugno, Karikaro fa vedere nel dungeon gli scrigni nascosti e così via. La brevità dei dungeon e le numerosi opzioni per interagire con l’ambiente creano un equilibrio strano ma molto funzionale. Il gioco sembra esser fatto per essere giocato spesso ma in piccole sessioni e non di continuo, perché la natura un po’ ripetitiva dell’azione si perde col tempo.

Chi di voi soffre di quella che chiamo simpaticamente la sindrome gotta-catch-em-all, sicuro sarà più che affascinato dalla possibilità di mangiare tutti i draghi e sbloccare tutte le abilità possibili. Questo perché chi di voi non è di primo pelo con Compile Heart, sa bene che amano inserire mega boss, boss nascosti, ultra boss opzionali, side quest ben fuori dalla portata del giocatore. Se la cosa vi attira, non rimarrete  delusi.

Il gioco offre poi un’altra serie di intricati sistemi. Quello di creazione di elixir, oggetti speciali che permettono di invocare dei boss in versioni più o meno potenti in base agli ingredienti utilizzati, con lo scopo di combatterli per trovare loot potente in anticipo.

Anche questo gioco, purtroppo devo dire, presenta l’ormai violentemente trito, ritrito e tritato sistema dell’affetto tra i partner. Non tra tutti, ma solo tra il giovane maschietto e le giovanissime donzelle. Già puzza un po’ di losco un gioco sulle streghe dove infilano un maschio, guardaunpo’ il protagonista, in un mondo di sole donne, ma ovviamente il nostro adolescente dovrà accalappiarsi l’amore delle ragazze a suon di regalini scanditi in piccole interazioni in classico stile visual novel. Perché, come tutti sappiamo, per approfondire i rapporti ci vogliono regali lanciati in faccia a persone che non conosciamo quanto basta per farli partecipare a Sepolti in Casa.

L’ultimo sistema, questo un filo più interessante, è quello delle sorelline: a un certo punto del gioco, vi sarà possibile interagire con le streghe più piccole e potrete dare loro sangue e carne di drago. Un simbolo indicherà la loro sanità mentale, e due barre indicheranno soddisfazione e il drago in loro. Lasciarle stare troppo tempo le farà morire, facendole impazzire e partire per non tornare più. Date loro troppo da mangiare e la cosa finirà in una boss battle contro il dragon che diventeranno.

Il gioco infine ha numerosi finali, o meglio un finale, un finale vero, e una serie di minifinali legati alla ragazza con più lividi da regalo addosso… e se le sorelline sono ancora vive o meno. Forse è un piccolo spoiler, ma ehi, prego.

A chi consigliamo Dragon Star VARNIR?

Dragon Star VARNIR è un gioco assolutamente competente. Porta al tavolo qualche nuova idea, qualche rimpasto della formula RPG che già conosciamo benissimo, qualche piccola area morale e sociale nella trama, che sanno genuinamente di aria fresca nel panorama attuale. Allo stesso tempo però rimane un gioco piuttosto di nicchia, e per chi è un po’ più esigente, soprattutto per quanto riguarda la presentazione, Varnir potrebbe risultare un po’ datato sin da subito. Gli appassionati di JRPG sicuro hanno buon materiale per un’avventura un po’ diversa, gli altri dovrebbero chiedersi fino a che punto sono stanchi di alcune meccaniche un po’ datate e soprattutto misogine che il Giappone ancora sforna.

Nel dubbio, ancora affamati di JRPG di spessore sulla vostra console? Perché non buttare un occhio sulla nostra recensione di Legend of Heroes: Trails of Cold Steel?

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