Mosaic – Recensione

“Il solito tran tran. Vivete una vita monotona, in una città sovrappopolata. Il cellulare offre una distrazione temporanea mentre vi recate a lavoro. Alcuni giorni non riuscite a dare nessun senso alla vostra vita. Vi svegliate, andate a lavoro, tornate e casa e vi addormentate.
Oggi, però, c’è almeno qualcosa di diverso. Oggi potete sperimentare Mosaic.”

Queste le parole dell’editore Raw Fury che porta Mosaic, progetto indie dei norvegesi Krillbite Studio, su Xbox One e Nintendo Switch (versione PS4 prevista in un secondo momento) dopo l’uscita avvenuta su PC lo scorso dicembre.

Provato su Nintendo Switch

ProContro
+ Taglio onirico e cinematografico– Prestazioni sub-ottimali su Switch (patch in arrivo)
+ Stile visivo curato– Durata molto limitata
  

Dalla Norvegia con depressione

Mosaic si presenta come un’esperienza cinematografica più che un puzzle game o avventura punta e clicca, e non ci mette troppo a farlo capire al giocatore che, fin dai crediti iniziali, può notare che è stato realizzato grazie al patrocinio della Norwegian Film Institute. In Mosaic il vostro alter ego è un impiegato qualunque, che vive in uno degli edifici tutti uguali costruiti dalla multinazionale di turno, il cui scopo è essenzialmente quello di recarsi a lavoro, svolgere le sue mansioni e ritornare a casa per ripetere il ciclo il giorno seguente.

La monotonia assale un po’ tutti oggigiorno, facendoci provare quel senso di prigionia all’interno di un sistema ben oliato che non prevede colpi di testa, evasioni non programmate e quel pizzico di disobbedienza che fa scorrere più veloce il sangue nelle vene. Il protagonista di Mosaic potrebbe essere tranquillamente quello di Fight Club, senza però il folle Tyler Durden a tirarlo fuori dalla miseria della propria esistenza. Giorno dopo giorno costretto a svegliarsi al suono della sveglia, dare una rapida occhiata allo smartphone per leggere qualche messaggio, qualche notizia di cronaca e un po’ di spam e articoli clickbait per poi andare in bagno a lavarsi i denti, mettere a posto cravatta e capelli e partire verso una giornata uggiosa e priva di interazioni umane.

La maledizione dell’uomo moderno, preso più dallo smartphone che da ciò che lo circonda. Sia in ascensore, sia per strada, il vostro personaggio è come un fantasma, una figura eterea che nessuno vuole guardare o con cui ha intenzione di interagire. Il tragitto che porta da casa al lavoro diventa dunque solo un corridoio e per passare il tempo, dal momento che la comunicazione con altri abitanti del mondo vi è preclusa, potrete usare applicazioni come il minigioco BlipBlop, che potreste trovare più soddisfacente. O no?

BlipBlop non è altro che una schermata che invita a premere un pulsante per accumulare punti, da spendere in potenziamenti per velocizzare l’acquisizione di suddetti punti e aumentare il rateo di accumulo. Un gioco nel gioco che potrà avere due tipologie di impatto sul giocatore: portarlo ad accumulare quanti più punti possibile, trascinandolo in quella che è la summa della propria inutilità o annoiarlo a morte, con conseguente abbandono del minigioco per tutto il resto dell’esperienza (non vi biasimo in quest’ultimo caso, poiché lo stesso è accaduto a me).

Lode al sole

Il titolo dei Krillbite si svolge in cinque giorni e si amplia con nuovi scenari a ogni giornata, permettendo una lievissima esplorazione del mondo in cui siete costretti a vivere. Nulla di eccessivamente complesso ma potrete comunque spostarvi a destra e sinistra per prendere delle stradine nascoste, che magari non vi porteranno subito al lavoro -come i perentori messaggi che riceverete sullo smartphone suggeriscono di fare- ma che lasceranno spazio a sequenze oniriche che rappresentano per il nostro sfortunato eroe un “raggio di sole e di colore” in una altresì deprimente esistenza.

La durata totale del gioco è di 2/3 ore, in base alla vostra velocità e voglia di passare tempo a spulciare tutto ciò che il menù dello smartphone offre, tuttavia, vi consigliamo vivamente di lasciarvi trasportare nell’atmosfera del titolo, unico modo per godere appieno dell’esperienza che potrebbe divenire invece monotona se vi concentrate solo sul tragitto casa-lavoro.

Come inizialmente suggerivo, non si può parlare propriamente di puzzle game, perché vi sono sì delle sezioni di questo tipo, quando vi recate a lavoro per esempio dovrete effettuare un piccolo gioco di strategia, ma sono comunque poche e spesso con esiti predeterminati. Anche l’aspetto punta e clicca è ridotto all’osso e potrete interagire con pochissimi elementi che gravitano attorno al vostro personaggio, perlopiù legati all’avanzamento della trama. Se non vi è chiaro, lo ripeterò ancora una volta, Mosaic non è un gioco ma una sorta di piccolo film interattivo che solleverà qualche piccolo dubbio sulla vostra stessa vita, facendovi chiedere se è davvero quella che avreste sempre sognato e desiderato o se magari è arrivato il momento di agire e fare davvero qualcosa per modificarla.

Il problema, però, è che si impegna così tanto a cercare di far passare questo messaggio da trascurare tutto il resto, dimenticando completamente cosa significa essere un “videogioco”. Ne risulta quindi una buona idea ma realizzata in modo sufficiente, con una soundtrack interessante, uno stile visivo azzeccato e poco altro.

Switch-it-up?

Quella che abbiamo potuto provare è la versione per Nintendo Switch, che merita un paragrafo tutto per sé e non in senso positivo. Sono numerosi i cali di frame e lo stuttering diventa insopportabile in più di una situazione. Certo, non parliamo di un gioco action dove ogni minimo calo conta, ma un titolo indie così lineare dovrebbe perlomeno garantire un’esperienza liscia come l’olio affinché se ne possa apprezzare l’aspetto visivo senza stuttering di svariati secondi in cui si ha il timore che tutto il software cada come un castello di carte con un bel crash.
Fortunatamente sono previste delle patch che dovrebbero migliorare l’esperienza ma se volete godervi il gioco subito potreste preferire l’acquisto su PC/Steam o Xbox One.

A chi consigliamo Mosaic?

Chi apprezza gli indie troverà sicuramente spazio nella propria libreria per Mosaic, non solo per supportare i talentuosi Krillbite che potranno così migliorare e crescere come sviluppatori, ma anche per trascorrere qualche ora con un progetto che può far riflettere sull’esistenza odierna che ci fa sentire piccoli ingranaggi di un macchinario più grande che non riusciamo a comprendere.

Tutti gli altri, ovvero i giocatori che godono di titoli tripla A dalla grafica pompata o che mettono il gameplay davanti a tutto, dovrebbero evitare il gioco dal momento che potrebbero riscontrare in Mosaic un’eccessiva lentezza e staticità rispetto alle esperienze che sono soliti vivere.

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