Un tuffo nelle torbide acque del Monte Hikami: Project Zero: Maiden of the Black Water

Project Zero: Maiden of the Black Water è il quinto capitolo della saga horror di KoeiTecmo, originariamente Tecmo. Il remaster su console moderna del titolo uscito in esclusiva per Wii U nel 2015, è oggi disponibile su Nintendo Switch, PlayStation 4 e PC.

Provato su Nintendo Switch

PS4

Un atteso ritorno al Monte Hikami

Project Zero (semplicemente Zero in madrepatria, e Fatal Frame in America, giusto per confondere un po’ le acque) torna con un sistema a protagonista multiplo, con tre personaggi attorno ai quali ruoterà la vicenda, tutti legati indissolubilmente a un misterioso Monte Hikami.

Il Monte Hikami, per molti versi il vero protagonista della storia, era un noto luogo spirituale, dove si ergevano splendidi santuari e dove mistici gruppi di sacerdotesse praticavano rituali antichi. Con il tempo però, a una tradizione di natura religiosa, sembra che si aggiunse un lato più cupo e misterioso, che lo resero un noto luogo di suicidi. A conferirgli quella specifica atmosfera sono la fitta vegetazione, la particolare altitudine che lasciava filtrare a malapena i raggi del sole e la cospicua onnipresenza dell’acqua.

Proprio l’acqua, infatti, è l’elemento che più nel profondo permea l’intera esperienza del Monte Hikami: venerata dalle sacerdotesse e dal culto del monte, sembra che venisse adorata e temuta allo stesso tempo, e che parte dei rituali avessero a che fare con la purificazione dell’acqua maledetta che portava sventura e morte.

  • Project Zero Maiden of the Black Water  Santuario nell'acqua
  • Project Zero Maiden of the Black Water stazione
  • Project Zero Maiden of the Black Water  sistema di tracing
  • Project Zero Maiden of the Black Water Ren Hojo e Rui

L’avventura è in mano a tre protagonisti, Miu Hinasaki, il cui nome suona più di qualche campana per chi ha familiarità con gli altri titoli della saga, Yuri Kozukata, una ragazza rimasta orfana a causa di un incidente e dotata di un misterioso sesto senso che le permette di avere visioni dall’aldilà, e Ren Hojo, uno scrittore appassionato dell’occulto che indaga la storia delle “foto post mortem“, una tradizione del Monte Hikami che sembra essere strettamente collegata ad alcuni incubi che lo ossessionano da tempo.

Così, equipaggiati di Camera Obscura, questo è il nome di alcuni tipi di macchine fotografiche dotate del potere di identificare e sigillare gli spiriti dell’altro mondo, i tre si incontreranno e si separeranno numerose volte nelle diverse aree della cittadina e soprattutto del Monte Hikami. Ognuno con un proprio obiettivo personale, ma tutti in diversa misura legati alle storie di morte e maledizione delle sacerdotesse dell’acqua nera.

Una macchina per fotografare l’ignoto: la Camera Obscura

La Camera Obscura, l’elemento più iconico della serie Zero, torna godibile come non mai: la gimmick dell’originale edizione Wii U è stata traslata su console moderna in maniera impeccabile, trasformando il controller in un’estensione della fotocamera, con un’immersione da parte del giocatore che neanche il quarto capitolo, uscito esclusivamente in Giappone per Wii, riuscì a fare.

Alcune meccaniche tornano pressoché invariate, come l’utilizzo della Camera per affrontare e sconfiggere gli spiriti ostili, i numerosi fantasmi vaganti da fotografare, e diversi enigmi da risolvere attraverso il semplice uso di foto che svelano indizi su oggetti o luoghi da esplorare per andare avanti.

Non solo, un sistema episodico conferisce all’esperienza un tono più facilmente plug & play, e una meccanica di tracing, che permette al giocatore di capire in un istante dove andare per proseguire con la trama, rendono il gioco quanto più accessibile e godibile anche ai completi novizi. Forse questo da un lato inficia sul potenziale horror, ma non in maniera particolarmente tangibile.

Il titolo si presenta piuttosto bene, con una grafica di ultima generazione che mostra la bellezza di alcuni modelli sviluppati col motore di Dead or Alive, e si vede. I personaggi sono generalmente ben fatti e caratterizzati. Lo stesso non si può dire per la loro tridimensionalità in quanto persone: ben poco si sa di loro, e se da un lato molto viene lentamente esposto attraverso note, documenti e diari, le interazioni risultano spesso enigmatiche e talvolta confuse. L’epilogo prova a legare il tutto in maniera coerente, ma ci vuole molto tempo per arrivare a sciogliere i numerosi nodi creati dalla narrazione.

  • Project Zero Maiden of the Black Water  Snap Mode
  • Project Zero Maiden of the Black Water Shutter Chance
  • Project Zero Maiden of the Black Water Spirito Ostile
  • Project Zero Maiden of the Black Water Sacerdotesse

Detto ciò, non necessariamente questo si configura come un reale problema: quest’ultimo episodio della saga non è certo il più spaventoso né il migliore, ma va tenuto a mente che tutti sono di qualità, e tutti portano qualcosa di diverso e molto godibile. Maiden of the Black Water lascia all’horror un ruolo secondario, mettendo al centro un senso di inquietudine e di desolazione, di possibile pericolo nascosto in ogni angolo. Questo tipo di horror psicologico è ottimo, e anche se non d’effetto per l’interezza dell’avventura, è sufficiente per tenere col fiato sospeso in diversi lunghi momenti.

A discapito del godimento generale viene però l’unico vero grande difetto di questo remaster, e si tratta del sistema di controllo, un po’ goffo e non esattamente responsivo. Maiden of the Black Water sceglie un tasto per correre, che permettere di correre in linea retta nella direzione in cui il personaggio sta guardando, senza la possibilità di muoversi liberamente. Allo stesso tempo, il personaggio viene controllato in un modo che assomiglia a un mix tra tank controls alla Resident Evil old school e un sistema analogico, a cui ci si abitua, ma non senza alcune inevitabili frustrazioni.

L’intenso backtracking, principalmente a causa del cambio protagonista, da un lato conferisce tridimensionalità alla trama, che si arricchisce di nuovi punti di vista e nuove motivazioni, dall’altro può frustrare un giocatore con un minore senso dell’attenzione. L’esperienza è generalmente pilotata in avanti, e il tutto risulta piuttosto fluido.

Certo è che il plot in sé, ricco di immagini e richiami alle culture popolari autoctone delle zone rurali del Giappone, non viene esposto in un modo sempre convincente. Si è preferito un sistema di soft world-building fatto di note, documenti, registrazioni e ricerche, che vanno centillinando le numerose prospettive che concorrono alla conoscenza degli oscuri segreti del Monte Hikami. Il rovescio della medaglia è una fine serie di cutscene poco chiare e talvolta dall’impatto minimo.

D’altra parte, molti spiriti non sono banali NPC, ma piccoli attori nello schema più grande delle storie del Monte, i cui ultimi momenti si rilevano attraverso il Fatal Glance, e cioè toccandoli una volta sconfitti. Molti spiriti danno solo alcuni punti extra al giocatore, molti altri invece lanciano una cutscene in stile VHS che descrive la morte del malcapitato, spesso chiudendo il cerchio di immagini e suggestioni accennate dalle note sparse in giro.

  • Project Zero Maiden of the Black Water Fatal Frame
  • Project Zero Maiden of the Black Water  Scatto normale
  • Project Zero Maiden of the Black Water La sacerdotessa delle acque nere
  • Project Zero Maiden of the Black Water una visione spettrale dalle telecamere di sicurezza
  • Project Zero Maiden of the Black Water Fatal Glance

Un ultimo elemento, purtroppo non esplorato a fondo dagli sviluppatori, è il sistema con in quale il gioco tiene il conto di quanto il protagonista sia zuppo d’acqua: a contatto con l’ambiente, e soprattutto nelle sezioni in cui piove, il giocatore può bagnarsi velocemente, attivando una modalità risk/reward dove si viene aggrediti più spesso e più violentemente da spiriti ostili, si ricevono più danni ma se ne possono anche fare di più con la propria fida Camera Obscura. Il problema è che, eccezion fatta per alcune sezioni dove piove in maniera scriptata, per il resto del tempo non è un elemento sufficientemente centrale, che al contrario avrebbe creato un importante elemento da bilanciare per uscirne vivi.

Per almeno la prima metà di gioco, anche gli spiriti ostili non sono mai realmente una grossa sfida, e soprattutto chi si prende la briga di esplorare per bene ogni zona, troverà così tante erbe curative da potersi aprire una farmacia, a discapito di quell’elemento survival che tanto conferisce all’esperienza horror. Ne risulta un titolo molto godibile, veloce, ricco e approcciabile anche dai giocatori che non hanno mai sentito parlare della saga. In particolare, la scrittura fa numerosi riferimenti a personaggi e piccoli eventi della saga, ma porta in scena una storia inedita e autoconclusiva, perfetta per i nostalgici e i novizi.

Va ricordato che se nel 2021 abbiamo una discreta selezione di proposte di giochi che mettono al centro l’esperienza fotografica, tra i tanti l’avventura esplorativa dai toni leggeri TOEM, il più cupo e politico Umurangi Generation o ancora molti altri, è anche e soprattutto dovuto alla saga Zero, iniziata nel 2001 su PlayStation 2. Certo, Pokémon Snap, di cui abbiamo avuto un sequel giusto l’anno scorso con New Pokémon Snap, fu il primo nel 1999, ma a onor del vero non si tratta di un gioco o di un’avventura in senso stretto, ma di un più diretto simulatore di fotografia senza trama o altra attività di alcun tipo.

Questo remaster viene inoltre con una splendida modalità foto chiamata Snap Mode, che richiede un po’ di dimestichezza ma ricca di elementi da personalizzare liberamente. I numerosi costumi fanno ritorno, e stavolta anche Ryza dallo splendido RPG Atelier Ryza: Ever Darkness and the Secret Hideout, torna come costume e cappellino da far indossare a Yuri come DLC gratuito. A fine avventura, una nuova sezione separata in quattro capitoli vede Ayane da Dead or Alive come protagonista, continuando la tradizione di KOEITECMO di intersecare tra loro le diverse IP. Infine, una modalità Nightmare, come da tradizione, permette ai giocatori più abili di apprezzare un gameplay più tosto e action, per completare appieno quanto Project Zero: Maiden of the Black Water abbia da offrire.

A chi consigliamo Project Zero: Maiden of the Black Water?

Project Zero: Maiden of the Black Water è un ottimo titolo horror, di una saga che ha un ruolo molto specifico nel mondo videoludico, e di cui si sentiva fortemente la mancanza. Al di là di alcuni singhiozzi nell’esposizione della trama e un sistema di controllo non esattamente dei migliori, Maiden of the Black Water è un grande nel suo genere, e promette una quindicina di ore di tensione e pathos per una run singola, senza contare tutti gli extra e i bonus o la modalità Nightmare che come minimo raddoppia il tutto. Al prezzo budget di 39,99 retail, non c’è momento migliore per tuffarsi nuovamente nelle oscure acque nel Monte Hikami.

Grande atmosfera accattivanteControlli talvolta poco responsivi
Un remaster atteso di qualitàL’esposizione della trama non sempre convincente

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