Recensione Relayer: la space opera di Kadokawa Games

relayer recensione copertina

Relayer è l’ultimo JRPG strategico in salsa mech realizzato da Kadokawa Games e pubblicato da Clouded Leopard Entertainment (già publisher di Wing of Darkness). Il gioco è disponibile dallo scorso 24 marzo su PlayStation 4 e PlayStation 5 (con Season Pass che include missioni aggiuntive separatamente disponibile).

Provato su PlayStation 5

PS4
single playerDLC

Alieni, mech e strategia: un successo preannunciato?

All’annuncio di Relayer noi di Denjin Den abbiamo drizzato immediatamente le orecchie, d’altronde quando si parla di JRPG strategici o mech attiviamo immediatamente i nostri sensi di ragno, figuriamoci quando le due cose vengono addirittura combinate! Se è vero che nell’ultimo periodo questa piccola nicchia di videogiochi sta vivendo un secondo momento di popolarità (pensiamo a Langrisser I e II, Fire Emblem Three Houses ma anche il recentissimo e più che onesto Triangle Strategy), bisogna sottolineare che tale categoria non riesce ancora a sfondare come meriterebbe.

Speravamo quindi che fosse proprio Relayer, esclusiva (almeno nel momento in cui scriviamo) per console Sony, a riportare un po’ di vitalità nel genere, considerata soprattutto la sua presentazione in pompa magna, quasi come un magnum opus, una space opera monumentale che avrebbe introdotto grandi novità. Beh, piccolo spoiler: non lo fa (con mio sommo, immenso rammarico, aggiungo).

Ma andiamo con ordine e iniziamo subito dalla storia: la Terra del 2051 è minacciata da una potentissima e antichissima razza aliena, denominata Relayers, che si aggira nell’universo da centinaia di milioni di anni, distruggendo sistematicamente civiltà, pianeti e stelle nel tentativo di perseguire un oscuro piano. Proprio sul pianeta è avvenuto un evento catastrofico causato dall’intervento di questa minaccia spaziale: il cosiddetto Gravity Loss, ovvero una porzione della Terra ha perso la gravità e tutti coloro che si trovavano lì al momento dell’incidente sono andati incontro a un crudele destino.

Tra le vittime c’è anche la sorella della protagonista Terra, la quale a seguito del tremendo evento finisce in uno stato di amensia che le impedisce di ricordare tutto quanto accaduto prima dell’incidente (ah, l’originalità e la covenienza di questo espediente narrativo!). Le cose cambieranno però quando sarà costretta a salire a bordo di uno Stellar Gear, mech controllabili solo da “prescelti”, in grado di canalizzare le misteriose particelle GY.

Da questo punto inizia l’avventura dell’eroina che incontrerà altri prescelti proprio come lei, tali Starchildren, che si fanno carico della volontà dei pianeti e delle stelle. A bordo della nave Asterism scoprirà sempre più informazioni sugli eventi di Gravity Loss verificatisi anche su altri pianeti, sui Relayer e anche sul proprio passato.

  • relayer recensione battaglia
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Se tutto ciò vi ha vagamente ricordato Neon Genesis Evangelion, in parte avete ragione, i trope che vengono costantemente riutilizzati partendo dall’anime sono purtroppo presenti anche in qui in dosi massicce. Fortunatamente proseguendo nella storia si scorgono anche altre influenze, sicuramente meglio accette per la loro portata matura, provenienti dalle prolifiche saghe Gundam.

Dunque, la storia di Relayer non è particolarmente originale e le circa 30/35 ore necessarie per completare la campagna principale raramente si rivelano intriganti, ma come sarà invece il gameplay? Bene, cerchiamo di capirlo insieme.

Turn-based galore

Il sistema di combattimento a turni è organizzato su una griglia, un grande classico che permette di muovere i propri personaggi di casella in casella fino ad attaccare i nemici. Ogni unità, ovvero gli Stellar Gear in dotazione agli Starchildren, hanno una tra quattro categorie iniziali fisse: Assault, Sniper, Tank o Scout. Come suggeriscono i nomi stessi, la prima è dedicata agli Stellar Gear votati all’attacco ravvicinato, gli Sniper utilizzano fucili da cecchino, i Tank possiedono scudi per sostenere più danni e gli Scout possono utilizzare tecniche di supporto, buff e debuff.

Acquisendo esperienza e Job Points (JP), si possono attivare abilità e aumenti di statistiche dal menu di allenamento, seguendo una sorta di sferografia alla Final Fantasy X: completata l’attivazione di tutte le sfere del primo Job si potrà scegliere una tra due classi che derivano dalla prima (per esempio per l’Assault che inizia con la classe Fighter, si potrà poi optare per la direzione Vanguard/Braver oppure per quella Shinobi/Ninja). In totale il gioco presenta 20 classi diverse, tuttavia una volta scelta una derivazione non sarà più possibile tornare indietro. Se inizialmente può sembrare una limitazione, in realtà il gioco inizierà a lanciarvi addosso talmente tanti di quei personaggi che presto o tardi avrete modo di provarle davvero tutte.

Il combattimento si basa molto sull’Aggro dei singoli personaggi e sulle armi utilizzate. Mentre si è in battaglia, prima di muovere un’unità è bene controllare il numero al di sopra dell’avatar, che può andare da 0 a 999: spostandosi nell’area di reattività di un avversario, questo sarà portato ad attaccare il personaggio con il valore Aggro più elevato.

Inoltre, ogni attacco può portare a un contrattacco, ma solo se le armi hanno lo stesso raggio d’azione: per esempio, attaccare corpo a corpo un mech con la spada attiverà un suo contrattacco, mentre colpirlo dalla distanza con un fucile no. Un sistema che tutto sommato funziona, intrattiene, e costringe a pensare tatticamente prima di lanciarsi a testa bassa contro un gruppo di nemici, in sostanza tutto quello che si richiede a un RPG strategico.

Meno convincente è invece la decisione di presentare la griglia della mappa di un bianco accecante, che, mescolato alle unità, ai vari colori delle zone d’azione e alla UI, diventa un vero e proprio inferno per gli occhi. Fortunatamente nelle impostazioni la griglia è disattivabile, cosa che consiglio caldamente per evitare di avere un burn-in perpetuo sulla retina.

  • scena di battaglia
  • griglia di battaglia
  • terra e astoria
  • relayer combattimento backstab
  • relayer screenshot storia

Le scelte estetica del prodotto sono tutte un po’ discutibili, i font sono tutt’altro che piacevoli e l’interfaccia globale è fin troppo spartana ed essenziale, quasi come se il budget non permettesse di rifinire alcuni elementi estetici. Certo, non sono indispensabili e il gioco funziona ed è godibile anche così, tuttavia il diavolo è sempre nei dettagli.

Fire mech-lem

Sembra quasi che io stia demolendo il gioco ma non fraintendiamo, le fondamenta ci sono. Relayer è una discreta esperienza tattica e si colloca qualche gradino sotto un classicissimo Fire Emblem, con cui ha molto in comune. Ha inoltre delle buone idee che si sarebbe potuto però ampliare (magari in un sequel?). Le missioni sono tutte molto (troppo) dirette, bisogna sempre distruggere tutti gli avversari sulla mappa e in alcuni casi il gioco avrebbe beneficiato di un po’ di varietà: magari una escort mission, una missione a tempo o una di sopravvivenza per un tot di turni. La storia permetteva ampiamente soluzioni di questo tipo ma non sono state adottate, non sappiamo se per mancanza di tempo, di fondi o semplicemente per assenza di volontà.

Come ho già sottolineato l’interfaccia è scarna e poco piacevole a vedersi, anche in questo caso aggiunte estetiche che potessero mostrare un po’ più di cura globale sarebbero state sicuramente gradite: allo stato attuale è davvero difficile distinguere Relayer da un qualsiasi JRPG indie se non fosse per l’ottimo doppiaggio giapponese che accompagna tutte le scene in stile visual novel dell’avventura principale.

Durante le battaglie, quando si seleziona l’attacco, si può vedere una breve scena di dog-fighting tra i due mech, queste a prima vista sono davvero ben fatte e aggiungono uno strato di immersione a un genere per sua natura statico. Il problema sorge quando ci si inizia a rendere conto che non solo i mech sembrano davvero tutti uguali, ma anche le animazioni sono praticamente le stesse. Risultato? Le disattiverete o le salterete a piè pari dopo una decina di missioni circa.

Cosa sarebbe un bel JRPG senza difficulty spike privi di senso? Qui e lì nel gioco vi troverete di fronte a delle missioni un po’ più ardue del normale, tutto sommato accettabili, almeno fino a uno specifico boss dove inizierete a bestemmiare più di quanto a una persona dovrebbe essere normalmente permesso. Modificare arbitrariamente il grado di sfida così repentinamente è, ai giorni nostri, decisamente inaccettabile, rendendo quasi nulla la selezione iniziale della difficoltà da parte del giocatore, che si ritrova punito senza una valida spiegazione. Se ho selezionato Normal o Easy un motivo ci sarà, giusto??

A chi consigliamo Relayer?

Al di là di tanti fattori che hanno lasciato un po’ l’amaro in bocca, anche a causa di aspettative un po’ troppo alte, non lo nego, Relayer può comunque rivelarsi una buona esperienza tattica per chi ama i mech e le storie un po’ stereotipate in stile anime che generalmente accompagnano queste produzioni. Il titolo garantisce più di 30 ore di gioco per completare la storia principale, sbloccando poi contenuti aggiuntivi che ampliano ulteriormente la narrazione, quindi ci si trova davanti a un prodotto duraturo, non eccessivamente complesso e pertanto godibile anche per i meno esperti di JRPG tattici.

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